Gli americani nel primo progetto per la Rinascita

Il dibattito sulla stampa nel saggio di Stefano Pira
Lotta alla malaria

In questo periodo dell’Italia colpita dalla pandemia del Coronavirus si parla con frequenza del Piano Marshall che fu avviato dagli americani tra la fine degli anni Quaranta e gli inizi Cinquanta per aiutare il Paese alla ricostruzione. Uno sforzo economico straordinario che viene rievocato ogni qualvolta il dibattito si concentra sulle politiche per uscire da una situazione di crisi e di emergenza come quella attuale. L’Europa comunitaria di oggi, come allora fecero gli americani, è chiamata a trovare i fondi per un gigantesco Piano di investimenti. L’obiettivo  è quello di mettere in campo finanziamenti per far ripartire l’economia italiana, devastata da tre mesi di blocco totale e/o parziale delle misure per fermare e contenere il virus. Ebbene, in contenporanea col Piano Marshall, gli americani misero in atto con successo il Piano per debellare la malaria in Sardegna, la malattia endemica che da sempre aveva condizionato la vita dei sardi. Nel volgere di cinque anni, dopo il grandioso intervento, per impulso della Rockefeller Foundation con fondi e mezzi, la malaria fu sconfitta sparendo quasi completamente dall’Isola che potè cominciare a guardare a larghe zone del territorio per la produzione agricola, la bonifica e il popolamento.

La lotta alla malaria in Sardegna fu un esperimento-pilota degli americani per supportare l’Italia repubblicana e democratica a rinascere dalle macerie della guerra e a diventare un partner fondamentale nell’Alleanza Atlantica che andava a contrapporsi al blocco comunista dei Paesi dell’Est. Nello scenario di “guerra fredda” tra Usa e Urss che andava attuandosi, si inquadra sia l’intervento di bonifica della Sardegna, sia il più ampio Piano economico per l’Italia. 

Il dibattito sui giornali

In questo contesto di investimenti per la Sardegna si cominciò a parlare di un vero Piano di Rinascita con il contributo degli americani nel proseguimento di quella politica di aiuti avviata con la lotta alla malaria. Il dibattito politico, partito dalle pagine autorevoli del Corriere della Sera e poi del prestigioso New York Times, ebbe risalto anche sulla stampa locale e soprattutto ispirò il confronto tra due posizioni che andavano confrontandosi all’interno della stessa Democrazia Cristiana al governo dopo le vittoriose elezioni politiche del 1948. 

Il saggio di Stefano Pira

Questa storia, che vede protagonisti personaggi di primo piano della Dc di allora, è stata al centro di numerosi articoli, grazie ai quali è possibile riportare il clima e il confronto politico di allora. Un periodo cruciale per la giovane repubblica che, oltre alla ricostruzione, doveva pensare a diventare un Paese moderno, con le sue attività economiche, e con un ruolo importante nello scenario internazionale che andava configurandosi in Europa nel confronto tra i due blocchi.

A questo tema, basandosi sui giornali e sui documenti dell’epoca, ha dedicato un importante saggio lo storico dell’Università di Cagliari Stefano Pira, nonché editore, giornalista e collaboratore di quotidiani e riviste. Si intitola: “Gli americani nel primo progetto del Piano di Rinascita per la Sardegna”, uscito nel volume pubblicato a Cagliari nel 2019 a cura di Maria Rosa Cardia, “70 anni di Autonomia speciale della Sardegna” (Aipsa edizioni, pag. 509). Pira, che già si è occupato a fondo delle vicende della malaria, con questo suo lavoro, approfondisce un passaggio cruciale della storia della Sardegna autonomista.

Pubblichiamo, per gentile concessione dell’autore, qui in allegato il Pdf del SAGGIO

L’articolo sul New York Times

Il dibattito era esploso in seguito a una corrispondenza dall’Italia del New York Times, del marzo 1951, che denunciava il rifiuto del governo nazionale italiano a continuare il “Sardinian project” con l’avvio di un piano di Rinascita studiato dai tecnici della Rockefeller. Per mesi i quotidiani sardi e quelli nazionali aprirono le loro pagine all’opinione pubblica e all’intera classe dirigente sul ritardo nello sviluppo economico che avrebbe comportato questo rifiuto del governo agli aiuti americani per la Sardegna. Fu il Partito sardo d’azione a capire e denunciare sui giornali l’errore compiuto dal leader della democrazia cristiana in Sardegna, Antonio Segni, con questo gran rifiuto. 

La notizia che aveva dato la stura al confronto pubblico era partita da uno dei più attenti corrispondenti dall’Italia del “New York Times”, Camille C. Cianfarra, il quale aveva inviato un lungo articolo intitolato “Sardinia believes itself forgotten”, con l’esplicito sottotitolo “Lag in Island’s Development is Laid to Rome Government – Overcome” (pubblicato il 27 marzo del 1951), che avrebbe suscitato una vasta eco.

Il giornale pur non criticando apertamente le forze governative italiane le incitava “sulla via delle riforme indicate dai funzionari americani”. In questa linea rientrava l’articolo sulla Sardegna del 27 marzo 1951, che provocherà per mesi un acceso dibattito politico e giornalistico tra l’Isola e Roma.

Ma per capire i retroscena politici e gli eventi che sfociarono nell’articolo del giornale americano, bisogna andare alla pagina del Corriere della Sera, del 4 agosto 1950, in cui appare con ampio spazio l’articolo intitolato: “Molto da fare in Sardegna nonostante la natura del terreno – L’isola è l’unica regione italiana che può accogliere una forte immigrazione agricola”.

De Gasperi e Antonio Segni

Pira nel suo esemplare saggio ricostruisce le tappe che, partendo dal duro confronto che portò alla scissione nel Psd’Az, sfociò poi nel dibattito regionale e nazionale sull’attuazione del Piano di Rinascita. In estrema sintesi si può riassumere così: da una parte la Dc che faceva capo a leader Antonio Segni, appoggiato da De Gasperi, dall’altra l’opposizione interna del gruppo dei cristiano sociali sardi che faceva capo all’on. Pietro Fadda. Alla fine si imposero i primi contrari all’avvio rapido del Piano americano per il timore di perdere il controllo politico sia a Roma quanto in Sardegna.

Numerosi sono i temi affrontati da Pira. Le conseguenze della scissione del Psd’Az con Lussu che fonda il Partito sardo d’azione socialista, contrario al separatismo, ma scegliendo la sinistra e contro il Patto Atlantico. 

Il dibattito interno alla Dc sulle grandi scelte politiche per la Sardegna. Si discuteva sull’opportunità politica tesa a favorire un flusso migratorio dalla penisola verso l’Isola per incrementare l’economia e il ripopolamento. Con ciò dirottando i flussi di decine di migliaia di italiani che invece progettavano di emigrare in America. 

Inoltre emerge il confronto tra De Gasperi e Togliatti nella primavera del 1949, alla vigilia delle prime elezioni politiche, si affrontarono polemicamente nei loro comizi sardi mettendo al centro i rapporti tra Stati Uniti, Italia e Sardegna. Motivo del contendere il Patto Atlantico e il ruolo della Rockefeller Foundation presentato dal leader comunista come l’ulteriore prova che il governo nazionale voleva concedere la Sardegna alle Forze Armate americane. De Gasperi esaltava invece la grandiosa entità dei finanziamenti per l’Isola che, tra l’Istituto Rockefeller e il governo italiano, avrebbero raggiunto i 6 miliardi di lire. 

Al centro di tutto il Piano di Rinascita, che nell’ambito del più vasto Piano Marshall, dovesse favorire lo sviluppo economico e sociale dell’Isola. 

Ma nella primavera del 1951 sfumò questo progetto per la Sardegna e si dovrà aspettare un decennio per riprendere il discorso politico e per attuare il Piano dei 550 miliardi agli inizi degli anni Sessanta. 

Alla fine, infatti, emerse la volontà di una parte della Dc, saldamente al governo nazionale e regionale, preoccupata che la forza economica e tecnocratica della Rockefeller Foundation avrebbe sottratto a Roma e nell’Isola la progettazione e la gestione del Piano di Rinascita, punto cardine dello Statuto speciale della Sardegna e del suo rapporto con lo Stato centrale. La paura – sottolinea Pira nel saggio –  non era infondata visto che la battaglia per l’eradicazione della malaria era stata condotta con polso fermo e con modalità e tempistiche elaborate dal personale tecnico e militare americano.

Chi è Stefano Pira

Ricercatore universitario presso la facoltà di Scienze Economiche Giuridiche e Politiche dell’Università di Cagliari, insegna Storia Moderna nel Corso di laurea in Scienze Politiche. A partire dall’anno accademico 2000-2001 ha insegnato inoltre Storia della Sardegna, Storia dei Sistemi di Welfare e Storia Contemporanea. 

Ha collaborato con l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani e con diverse riviste scientifiche: “Rivista Storica Italiana”, “Italia Contemporanea”, “Cooperazione Mediterranea”, “Archivio sardo del movimento operaio, contadino e autonomistico”, “Bollettino Bibliografico della Sardegna”, “Archivio Storico Sardo”. Responsabile scientifico delle Edizioni AM&D, fa parte del scientific board della serie Diaspore nella collana Agorà-AM&D e del consiglio scientifico della collana del CNR-Isem Europa e mediterraneo. Storia e immagini di una comunità internazionale.

I suoi interessi di ricerca ruotano attorno ad alcuni temi di storia del Mediterraneo e dell’Europa meridionale nel loro collegamento con l’economia-mondo occidentale e atlantica. Oltre al lavoro d’archivio e alla pubblicazione di monografie, saggi in riviste e opere collettive, la sua attività scientifica si è esplicata in una serie di seminari internazionali.

In allegato ecco la bibliografia dei lavori pubblicati di Stefano Pira: Lavori di Pira.

Fonti

Per approfondire il saggio di Pira si vedano i volumi:

Maria Rosa Cardia

Maria Rosa CARDIA, “70 anni di Autonomia speciale della Sardegna”, Aipsa edizioni, Cagliari, 2019, pagg. 509).

Luca Lecis

Maria Rosa CARDIA, La nascita della Regione Autonoma della Sardegna 1943-1948, Franco Angeli, Milano, 1992; 

Luca LECIS, Dalla ricostruzione al Piano di Rinascita. Politica e società in Sardegna nell’avvio della stagione autonomistica (1949-1959), Franco Angeli, Milano, 2016.

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