Piero Mannironi, il giornalismo d’inchiesta

Inviato speciale e l'impegno nel sindacato

Il giornalismo sardo ha perso un altro collega prestigioso che col suo impegno e lavoro ha dato lustro alla categoria sin dagli anni Settanta. Il 17 febbraio 2021 a Sassari è scomparso Piero Mannironi, storica firma del quotidiano La Nuova Sardegna, testata per la quale da inviato ha seguito alcuni dei più rilevanti fatti di cronaca isolani, rievocati di recente nell’opera “Anime maledette”, edito a fine 2020 da Il Maestrale, in cui il giornalista ripercorreva decenni di storie di malavita in Sardegna. Nuorese, 67 anni, da molti anni trapiantato a Sassari, apparteneva a una famiglia importante. Salvatore Mannironi, suo nonno, era avvocato, antifascista, membro dell’Assemblea costituente, parlamentare e infine ministro. Piero aveva scelto sin da giovane di fare il giornalista. Dopo un rapidissimo passaggio all’Unione Sarda negli anni ’70 aveva iniziato a lavorare alla Nuova Sardegna. Nella sua città natale era stato responsabile della redazione, poi era arrivato Sassari dove aveva iniziato la carriera da inviato. Era andato in pensione nel 2015 ma non aveva mai lasciato la scrittura e aveva continuato a coltivare la passione per la professione giornalistica, rendendosi autore anche di recente di attualissime riletture, sempre sulle pagine della Nuova Sardegna, degli eventi che durante la sua lunghissima carriera hanno attraversato l’Isola e ne hanno modificato l’identità, compresa quella criminale.

Anche Piero Mannironi è stato vittima della pandemia, colpendo anche numerosi colleghi giornalisti, soprattutto più anziani. Aveva trascorso un paio di settimane in ospedale a causa del Covid e di alcune complicanze legate ad altre patologie. Aveva però superato la fase critica, era stato dimesso tornando a casa, un po’ debilitato ma pronto a riprendere la sua attività.

«Nell’ultimo periodo – come lo ricorda sull’Unione Sarda il collega sassarese Franco Ferrandu –  aveva sentito gli ex colleghi e gli amici, aveva messaggiato con loro e sia era concesso qualche passeggiata. Una delle mete preferite era la libreria Koinè, a poche centinaia di metri dalla sua casa di viale Umberto, per scambiare due chiacchiere in un luogo che amava e informarsi sulle ultime novità. Piero Mannironi era una persona naturalmente gentile e sorridente, ma i modi garbati non nascondevano la tenacia e la determinazione nel cercare di arrivare a conoscere i fatti in profondità. Era soprattutto un cronista vero».

Se n’è andato proprio nell’anno delle celebrazioni per i 130 anni del “suo” quotidiano per il quale aveva  appena scritto due capitoli del volume celebrativo appena uscito in edicola in quegli stessi giorni. Ultima fatica e testimonianza della sua straordinaria carriera che l’ha visto sempre in prima linea da cronista e autore di inchieste che seguiva per anni. Brillante giornalista, scrittore, grande esperto di Sardegna e Corsica, nutriva una enorme curiosità professionale per il ruolo dei servizi segreti nelle vicende che hanno segnato la storia recente del Paese. Spiccava la sua curiosità e si appassionava per le storie maledette e misteriose e soprattutto per le persone che di quelle storie erano protagoniste o vittime, alla luce del sole o nascoste nell’ombra. Filoni di ricerche che riempivano pagine intere e che poi non mollava nel tempo continuando a pubblicare man mano che venivano fuori nuovi indizi, notizie e particolari, combattendo con il giornale contro quei “poteri” segreti che in Italia hanno sempre cercato di depistare o nascondere la verità dei fatti.

Anime maledette

Nel suo lavoro da inviato ha raccontato i più importanti fatti di cronaca della Sardegna, omicidi e sequestri di persona, sviscerandoli e svelandone molti retroscena. Aveva continuato a farlo anche dopo la pensione con una serie di articoli sulle pagine dello stesso quotidiano e infine in un libro, “Anime Maledette”, pubblicato nel novembre scorso. A causa della pandemia non aveva potuto presentarlo come desiderava, ma la sua pubblicazione aveva subito destato grande interesse tra i lettori. Il libro racconta storie che per Piero Mannironi non meritavano di essere dimenticate.

La copertina del libro di Mannironi

Nelle pagine del volume riprende una serie di temi a lui cari per averli seguiti caparbiamente nel tempo sulla Nuova. Dalla feroce uccisione di Gisella Orrù, all’abbattimento dell’elicottero della Guardia di Finanza “Volpe 132”, dalla storia violenta tra Sardegna e Corsica del bandito Andrè Spada al brutale omicidio nel carcere nuorese di Badu’e Carros del boss Francis Turatello. E ancora storie meno note che dovevano essere rievocate perché, come aveva raccontato in una intervista «erano rimaste orfane di una risposta di giustizia e quindi senza una consolazione possibile». Questo, per Piero Mannironi era il dovere di un giornalista. 

L’impegno nel sindacato

A lungo impegnato con passione al servizio della categoria, ha fatto parte della Giunta esecutiva della Fnsi in uno dei momenti più difficili e delicati della storia della Federazione della Stampa ed è stato per due mandati, dal 1987 al 1992, presidente dell’Associazione della Stampa Sarda. «Sino alla fine è sempre stato vicino alle battaglie del sindacato, a livello nazionale e territoriale, animato dai valori dell’articolo 21 della Costituzione, dalla parte della difesa intransigente del diritto di cronaca e del diritto dei cittadini ad essere informati», così lo hanno ricordato i dirigenti nazionali Raffaele Lorusso, Giuseppe Giulietti e della sezione sarda Celestino Tabasso.

Fonti:

L’Unione Sarda, La Nuova Sardegna, Assostampa

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