Giovanni Mameli, tra libri e giornali

Docente, critico letterario, fece conoscere gli scrittori sardi sulla stampa

Era iscritto all’Ordine dei giornalisti dal 1976, ci teneva moltissimo a quel tesserino verde di pubblicista e al suo ruolo di critico letterario che, attraverso la stampa, poteva far conoscere a tutti – e non solo a un pubblico colto di appassionati lettori – gli scrittori sardi. Valorizzò con i suoi articoli sull’Unione Sarda, sul Messaggero Sardo, il Cagliaritano e riviste culturali, i più importanti autori sardi, ma si impegnò come nessun altro critico a presentare, incoraggiare e anche a lanciare le firme nuove che si affacciavano nel panorama editoriale regionale. A molti dei quali non risparmiava critiche, sempre pacate e costruttive, per spingerli a migliorare e a trovare una loro personale strada narrativa. Questo sua prerogativa didattica gli veniva dalla principale professione ed esperienza, che era quella di insegnante di italiano nei licei, ma era sempre evidente nella sua instancabile attività pubblicistica sulla stampa, nelle conferenze a cui veniva chiamato frequentemente (anche fuori dall’Isola ai circoli degli emigrati sardi e ai saloni del libro) e all’attenta e appassionata cura per editing e presentazioni di volumi. Stretto fu il suo legame con i principali editori sardi ai quali seppe dare un prezioso e disinteressato contributo promuovendo (ma capitò anche di “bocciare” qualche autore per lui non ancora pronto alla vetrina delle librerie) numerosi scrittori, soprattutto giovani.

Una vita piena di cultura

Giovanni Mameli, cagliaritanoaveva 78 anni quando il 4 marzo 2022 è scomparso dopo una estenuante malattia che lo aveva costretto al letto da oltre una decina d’anni. Nonostante i problemi di salute che lo avevano afflitto dalla prima età, non aveva mai rinunciato ad una vita piena dedicandosi alla scuola, all’insegnamento, agli eventi culturali e alla critica letteraria. In questo aiutato dalla moglie Elena Tagliamonte che lo accompagnava e sosteneva in ogni momento e una bella famiglia. Ma la sua era una famiglia estesa perché aveva tanti amici in ogni campo della cultura che ne apprezzavano le doti umane e le qualità intellettuali. Il suo ruolo pubblicistico è stato particolarmente importante,  con centinaia, se non migliaia di articoli, pubblicati in oltre quarant’anni di attività nella stampa regionale. Anche per questo merita un ampio ricordo nel presente sito dedicato alla storia del giornalismo in Sardegna, come debito di riconoscenza per un personaggio umile e modesto nonostante la straordinaria cultura. Pochi possono vantare una conoscenza profonda della letteratura sarda intesa a 360 gradi: dagli autori ottocenteschi ai più moderni. Un lavoro appassionato culminato con un’antologia degli “Scrittori sardi del duemila” edita per Zonza edizioni (2006) e poi diffusa un edicola dall’Unione Sarda per la Biblioteca dell’Identità. Nel volume aveva selezionato brevi testi originali di una ventina di autori, accompagnandoli con le biografie dei medesimi, tanto da offrire ai lettori un panorama esaustivo della produzione più recente.

Prezioso collaboratore

Di Giovanni Mameli serbo un ricordo personale che mi riporta al periodo in cui curavo l’inserto libri per L’Unione Sarda nella prima decade degli anni duemila. Gli portavo a casa i libri e le novità che venivano inviati dagli editori (e spesso dagli stessi autori) in redazione e lui mi consegnava le recensioni e l’articolo più approfondito per la settimana. Era un appuntamento fisso, due o tre volte al mese. Spesso mi fermavo a chiacchierare di varia umanità e cultura, discutendo con lui sui titoli e gli autori da promuovere con pezzi più lunghi e quelli da passare nelle brevi come segnalazione (“una segnalazione – diceva – non si nega mai a nessuno perché è giusto per un quotidiano dare notizia di ogni autore che poi sarà giudicato dai lettori in libreria”). Una posizione che ritenevo corretta e “democratica” perché premiava comunque lo sforzo di tanti nuovi autori (non solo giovani) per la scrittura finalizzata di solito a far conoscere sì le loro storie, ma spesso anche per raccontare le storie più ampie e interessanti dei loro paesi e della Sardegna in genere.

Ricordo che consegnava il pezzo e le recensioni scritte rigorosamente a macchina con la sua Olivetti 22: anche se era una persona moderna e aperta alle novità, preferiva affidare i suoi pensieri ai tasti del più tradizionale strumento della nostro mestiere (come accadde a molti famosi giornalisti e scrittori che non seppero o vollero passare al computer, uno per tutti il grande Indro Montanelli, che Mameli citava spesso quale modello di scrittura). Poi la salute peggiorò, si stancava molto e per una questione anche di pudore e riservatezza, scelse l’isolamento nella sua abitazione nei pressi del Conservatorio di musica, lasciando il compito di farmi avere gli articoli alla moglie Elena e limitandosi alle conversazioni telefoniche da cui continuavano ad arrivare proposte e suggerimenti per le recensioni. Sinché ce l’ha fatta a leggere e a scrivere non ha mai smesso, con uno sforzo direi eroico per non cedere alla malattia.

I suoi saggi

Autore di diversi volumi, tra i quali ricordiamo “Da lettore a lettore”, “Lo scrittore nascosto: il meglio di Salvatore Cambosu”,  “I segni dell’identità” e “La festa e la morte”. Inoltre, come detto sopra, ha curato una sorta di antologia dedicata agli scrittori sardi, da Gavino Ledda a Sergio Atzeni, passando per Giulio Angioni e Salvatore Mannuzzu, rilevando il loro importante contributo alla letteratura nazionale. Amava la poesia e seguiva con attenzione i poeti sardi ai quali dedicava ampi ritratti sui giornali e presentazioni.  Anch’egli poeta, l’ultima sua personale fatica è stata il delicato volumetto “La spina e la rosa. La mia eterna fragilità” (edizioni Booksprint, 2018) in cui raccoglie trenta liriche incentrate soprattutto sulla perdita della persona amata (nel senso che si è conclusa molto male) e su quanto il dolore condizioni l’esistenza umana.

Giornalismo e docenza

Oltre alla critica letteraria per L’Unione Sarda, Giovanni Mameli intrecciava scambi culturali con periodici regionali e nazionali, collaborando strettamente con la Rai. Il suo bisogno forte di promuovere la letteratura lo spingeva a tenere convegni e a creare spazi di confronto che superavano le colonne dei giornali.

Nel 1985  tenne il primo corso di scrittura creativa in Sardegna che ebbe un’ottima risposta richiamando numerosi aspiranti scrittori e scrittrici, nel 1986 condusse un seminario di filosofia e retorica della pubblicità. 

«Sensibile, cortese, schivo, era disponibile a dare un “pezzo” alla redazione a qualsiasi ora glielo si chiedesse, così come era sempre pronto ad andare in soccorso del collega che chiedeva un riferimento letterario», così lo ricorda la redazione Cultura dell’Unione Sarda nell’articolo di addio uscito l’8 marzo, pochi giorni dopo la scomparsa (il 5). In questa redazione lavora lo scrittore Francesco Abate, oggi autore affermato a livello nazionale, che di Giovanni fu amico e che dal professore fu incoraggiato e spinto alla carriera di romanziere. «I libri erano il suo orizzonte – rievoca l’articolista -. Per anni non c’è stata novità letteraria, sarda e non, che non sia passata al suo vaglio e sia poi diventata godibile lettura per i lettori dell’Unione Sarda. Arrivava in redazione in Terrapieno, silenzioso, con le cartelle dattiloscritte, che consegnava accompagnandole da nuove proposte. I colleghi che hanno avuto la fortuna di entrare nel suo studio, nella casa cagliaritana non distante dal Conservatorio, ricordano una stanza colma di libri, carte, riviste, fogli, un “tempio” che Giovanni Mameli abitava con gioia. Sabato scorso (il 5 marzo)  il cuore stanco del professore di lettere, appassionato lettore, per molti e molti anni puntuale e prezioso critico letterario dell’Unione Sarda, si è fermato».

 

Il ricordo sul Messaggero Sardo

Puntuale è apparso un ricordo nel Messaggero Sardo, a cura di Gianni De Candia, nel numero online del 9 marzo (si veda il link dell’articolo  Lutto per la scomparsa di Giovanni Mameli). 

Divoratore di libri e instancabile divulgatore. Per quasi 30 anni, dai primi anni Ottanta del secolo scorso fino al 2010 è stato tra i più attivi e apprezzati collaboratori del Messaggero Sardo, il periodico dedicato agli emigrati sardi.

«Arrivava in redazione, in via Barcellona, accompagnato dalla moglie che lo aspettava in macchina perché in via Roma era praticamente impossibile trovare parcheggio. Sorridente e curioso si informava delle vicende del mondo dell’emigrazione. Consegnava la busta con i suoi articoli battuti a macchina, senza errori e correzioni, pronti a essere impaginati nella rubrica “Parliamo della Sardegna” dedicata alla Cultura. Era stato tra i primi a parlare degli scrittori sardi “emigrati” e del loro contributo alla letteratura italiana. Li conosceva tutti, i più famosi e gli emergenti. Nelle pagine del Messaggero ha parlato di Angelo Carta, Anzelinu (l’operaio diventato scrittore a Torino, dove era emigrato in cerca di lavoro e dove si era laureato in matematica) degli esordi del giovane Sergio Atzeni e di Nicola Lecca. Ma anche di Grazia Deledda, Franziscu Masala, Giuseppe Dessì, Salvatore Satta e di tanti altri. Grazie alle sue recensioni gli emigrati hanno potuto conoscere e apprezzare scrittori e poeti sardi, di cui forse non conoscevano neppure l’esistenza. Il suo è stato un contributo importante alla crescita culturale di molti emigrati».

 

Fonti:

L’Unione Sarda (08.03.2022), Messaggero Sardo (09.03.2022)

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