Le cronache de L’Unione Sarda sulla Grande Guerra

A cura di Maria Francesca Chiappe per i 130 anni del giornale

LE CRONACHE DE L’UNIONE SARDA

SULLA GRANDE GUERRA 

La tipografia de L’Unione Sarda nella sede storica di viale Regina Elena

In occasione delle celebrazioni per i 130 anni del quotidiano sardo Maria Francesca Chiappe ha curato la pubblicazione del volume “Le Cronache de L’Unione Sarda sulla Grande Guerra”, presentato nella sala consiliare del Municipio di Cagliari nel novembre 2018 e quindi distribuito insieme al giornale. 

Maria Francesca Chiappe presenta un’iniziativa editoriale con le prime pagine del giornale nella sede di via Santa Gilla

Con un’appassionante e meticolosa ricerca nelle raccolte storiche del quotidiano, la giornalista ha selezionato le prime pagine più significative dell’Unione Sarda dell’epoca che raccontano la Grande Guerra e ciò che accadde tra il 1914 e il 1918 nel mondo, in Italia e nell’Isola.  

L’uscita del volume si inquadra in un duplice avvenimento:

1. la conclusione delle manifestazioni organizzate in tutta Italia e in Sardegna per celebrare il Centenario della Vittoria, terminate nel novembre 2018 dopo quattro anni di eventi;

2. l’inizio dell’anno che porterà a festeggiare nell’ottobre del 2019 il traguardo dei 130 anni del più antico e diffuso quotidiano sardo. 

Il libro, dunque, rientra nel nutrito programma di iniziative editoriali promosse dal Gruppo L’Unione Sarda guidato dall’editore Sergio Zuncheddu. 

Per gentile concessione dell’autrice e dell’editore proponiamo il saggio, con alcuni Pdf di giornali, che accompagna la riproduzione delle Prime Pagine dell’Unione Sarda di allora. Il volume è disponibile nelle edicole o chiedendolo all’Ufficio Diffusione del giornale. 

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QUANDO LA STORIA ERA CRONACA

di Maria Francesca Chiappe

Questo è un viaggio al contrario. È un viaggio indietro nel tempo, un viaggio che parte dalla storia e ritorna cronaca. Attraverso le pagine de L’Unione Sarda tutti i più importanti episodi che hanno fatto la storia della prima guerra mondiale sono descritti dai giornalisti del quotidiano di Cagliari che all’epoca aveva 25 anni e che il 13 ottobre 2018 è entrato nel centotrentesimo anno di vita.

Nel 1914 L’Unione Sarda è un giornale di quattro pagine: la prima è quasi sempre interamente dedicata agli avvenimenti di politica nazionale e internazionale, la cronaca cittadina si trova nella seconda o nella terza pagina. Il quotidiano si sviluppa su cinque colonne, raramente ci sono fotografie a corredo degli articoli che solitamente non sono firmati. La quarta pagina è riservata alla pubblicità. 

Nella sede storica

Il giornale costa cinque centesimi e c’è la possibilità di acquistare copie arretrate per dieci centesimi. La sede è nel viale Umberto primo (l’attuale viale Regina Margherita). Il primo giugno il giornale, con tanto di fotografia al centro della prima pagina, annuncia l’acquisto delle nuove linotype per la composizione e la stampa, 100 copie al minuto, installate nella nuova sede della Società tipografica Sarda che ha sede in viale Regina Elena dove  si trasferisce anche la direzione del quotidiano. Redazione amministrazione e impianto tecnico seguiranno due anni dopo, il 14 luglio 1916, e nell’edificio del Terrapieno il quotidiano resterà fino al 2011. Le linotype rendono possibile l’anticipo dell’ora di uscita del giornale e una spedizione più sollecita. Da quel giorno il giornale va in edicola piegato in due. La proprietà annuncia con orgoglio che la qualità della stampa <potrà rivaleggiare con quella dei più importanti giornali nazionali>.

La sede di viale Regina Elena

Nell’estate di 104 anni fa il giornale è concentrato sui lavori parlamentari con particolare attenzione ai temi che interessano la Sardegna ma, nel mese di giugno, gli scioperi che scuotono il nord Italia conquistano la prima pagina.

1914, l’attentato a Sarajevo

Nessuno ancora immagina che, di lì a qualche giorno, gli avvenimenti internazionali modificheranno le scelte e dalle notizie di cronaca italiana si passerà a quelle europee: il 29 giugno 1914 l’Unione sarda ha il titolo forte della prima pagina su un avvenimento le cui ripercussioni gravissime non vengono colte subito: l’uccisione a Sarajevo dell’arciduca Francesco Ferdinando, principe ereditario dell’Austria, insieme alla moglie.  La cronaca del duplice delitto è dettagliata: <L’arciduca e la duchessa transitavano in vettura per le vie della città allorchè un uomo tirò su di essi due colpi di rivoltella, l’arciduca e l’arciduchessa rimasero mortalmente feriti. Essi morirono pochi minuti dopo>. Era il secondo attentato. In precedenza <marito e moglie si recavano al municipio per un ricevimento delle autorità quando fu lanciata una bomba: questa cadde sul braccio dell’arciduca che la respinse con un movimento del braccio stesso. La bomba esplose dopo che la vettura era passata. Due persone che si trovavano nell’automobile che seguiva rimasero leggermente ferite e furono gravemente ferite sei persone che erano tra la folla. L’autore dell’attentato, un tipografo nativo di Trebinje, è stato subito arrestato. Dopo il solenne ricevimento al municipio l’arciduca continuava a percorrere le vie della città quando avvenne un secondo attentato compiuto mediante una Browing. L’arciduca fu colpito al viso e l’arciduchessa all’addome. L’autore del secondo attentato è uno studente dell’ottava classe liceale, certo Princip nativo di Graheve. Esso è stato arrestato. I due assassini sono stati a stento sottratti alla folla che voleva linciarli>.

Non è subito chiaro il significato del duplice attentato tanto che il giorno dopo la notizia della tragedia di Sarajevo è, sì, in prima pagina ma in un riquadro su due colonne di taglio basso. Il giorno successivo l’annuncio dei funerali è di spalla a due colonne poi dei fatti di Sarajevo non si parla più, o quasi, fino al 25 luglio quando il giornale esce con un titolo a tutta pagina: “Alla vigilia di una guerra tra l’Austria e la Serbia?>.

Il giornale del 29 giugno 1914

Il 29 luglio la guerra è una certezza. Il giornale scrive: “<Il momento è giudicato gravissimo>. E in Sardegna, a Cagliari, che cosa succede in quei giorni drammatici per l’Europa? A pagina 2 de L’Unione Sarda la cronaca cittadina apre con la notizia dell’insediamento del nuovo Consiglio comunale: <Il Consiglio elegge Ottone Bacaredda sindaco di Cagliari e riconferma la sua fiducia nell’amministrazione precedente. Alle 8,30 è aperta la seduta. Lo spazio riservato al pubblico è gremito, così pure la sala che conduce all’Aula consiliare. Quando il comm. Bacaredda sale sullo scranno presidenziale un applauso fragoroso parte dal pubblico e dai consiglieri che vanno man mano prendendo posto nei seggi consiliari. Sono presenti 28 consiglieri, hanno giustificato in cinque la propria assenza. Funge da segretario l’avvocato Siotto>.

Scoppia la Grande Guerra

Il 30 luglio la notizia principale sono le prime cannonate sul Danubio insieme al proclama dell’imperatore Francesco Giuseppe al suo popolo. Intanto Cagliari è in fibrillazione per il tram elettrico. A pagina 2 nella cronaca cittadina si legge: <Fervono con grande alacrità i preparativi per l’inaugurazione del tram elettrico. Ormai in via Roma, viale Regina Margherita, viale Terrapieno e su per il Castello, via Martini, piazza Palazzo, sono già tesi i fili su cui dovrà essere posto il filo conduttore della energia elettrica. Fra non molto, forse alla fine del prossimo agosto, si potrà avere la inaugurazione, che sarà resa più solenne da un programma di festeggiamenti, di cui si renderà promotrice la società elettrica stessa.  Ma non subito i buoni cittadini potranno servirsi del nuovo mezzo di trasporto, perché per un certo periodo di tempo si dovranno fare i primi esperimenti che dovranno servire di scuola pratica ai conduttori, alcuni dei quali saranno reclutati fra gli operai della nostra città>.

Il giornale del giorno dopo apre con la notizia dell’imminente conflagrazione europea e l’ultimatum della Germania alla Russia. La cronaca cittadina di Cagliari registra intanto il <banchettissimo> della maggioranza consiliare nell’ampia terrazza dello stabilimento balneare dei fratelli Carboni: <Gli amici e i simpatizzanti sono riuniti a banchetto per festeggiare la recente vittoria elettorale, 130 coperti. Tutti i commensali sono rientrati in città alle 24 e Bacaredda in automobile si è recato nella propria abitazione dopo essere stato ossequiato e applaudito dai suoi amici>. 

Nell’articolo sotto, un lettore denuncia  <un fatto deplorevole>: una rissa nel largo Carlo Felice fra quattro persone.

La neutralità dell’Italia

Nei giorni e nelle settimane successive oltre alla cronaca puntuale dei fatti di guerra L’Unione Sarda avvia un dibattito sulla posizione dell’Italia che, riporta il giornale del 3 agosto 1914, ha dichiarato la propria neutralità.

Il 4 agosto il fondo è sui doveri delle alleanze e ci si chiede se sia giusta la neutralità dell’Italia. 

Il 9 agosto si commenta <il nostro atteggiamento… l’Italia è al centro del dibattito europeo per la sua posizione. Giusta? Sbagliata>?  L’opinionista dice che in questo momento difficile ogni italiano deve stringersi intorno al suo governo.

Il 15 agosto si sottolinea come tutti si stiano riscoprendo <strateghi e profeti>.

Per tutta l’estate la prima pagina del giornale ogni giorno è dedicata alla guerra. Ogni giorno, tranne il 21 agosto. Muore il Papa: Pio X. La guerra finisce su tre colonne di taglio basso con i francesi che riprendono l’offensiva su tutta la linea. Nelle settimane successive tuonano i cannoni in mezza Europa mentre ci si continua a domandare quale sia il giusto atteggiamento, se cioè la posizione di neutralità sia corretta oppure se anche l’Italia debba scendere in guerra. L’Unione Sarda intensifica il dibattito dando la parola anche ai lettori e pubblicando le opinioni più diverse di cattolici, nazionalisti e militari.

Il 29 agosto si riprende con un commento sulla politica della realtà: qui l’idea è che il momento imponga agli italiani di <tacere e aspettare>.

Il primo settembre Giuseppe Mulas sostiene che la neutralità sia giustissima ma poi adduce una serie di motivazioni che contraddicono questa ipotesi. Il fondo è introdotto da poche righe che sono una netta presa di distanza del giornale dall’opinione del commentato ospitato nel fondo di prima pagina: <Pubblichiamo volentieri il seguente bellissimo articolo pur non essendo in tutto d’accordo con il nostro valoroso amico>.

L’11 settembre sotto il titolo “Non avventura ma necessità” Civis calaritanus sostiene che <la guerra ancora una volta è la legge di una civiltà in pericolo. E’ il tragico destino dei popoli: per vivere bisogna andare incontro alla morte>.

Il 20 settembre il giornale dà la parola a un cattolico: <Farsi oggi patrocinatori della pace si rischia di passare per gente che non sa convenientemente valutare le fatali esigenze della odierna civiltà>.  Il giornale con una nota sottolinea le proprie idee liberali. Insomma: non è d’accordo.

Il 24 il fondo di un lettore è <per la guerra>.

Il 25 la parola va ai nazionalisti: <Ritengono che sia necessario e urgente per l’Italia approfittare dell’attuale situazione europea per conquistare le province irridente>.

Il primo ottobre il concetto del fondo è: neutralità sì ma vigili e pronti per la difesa degli interessi italiani. 

Il 2 ottobre il giornale pubblica pensiero di un tenente generale: <Pronti non avventati né prepotenti, prudenti e non obliosi, onesti sempre, e leali ma avveduti e destri>. 

L’8 novembre si parla di <orribile necessità: civiltà e guerra sono concetti antitetici, la guerra o la si fa o non la si fa  e quando la si fa non la si può fare che sul serio. Una guerra così così all’acqua di rose è assurda>.

Si interrompe la sequenza di prime pagine dedicate alla guerra per la morte di Sebastiano Satta, poeta di Barbagia.

L’ITALIA SCENDE IN GUERRA

Il nuovo anno si apre così come si era chiuso il vecchio: con la guerra in Europa. 

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(la pagina del 24 maggio 1915)

Le prima pagine de L’Unione Sarda sono dedicate al conflitto con i russi che respingono i tedeschi in Polonia e gli austriaci in Galizia, c’è poi il drammatico racconto dell’affondamento della Formidabile, le cronache dei francesi che prendono possesso dello Steimbach e dei turchi sconfitti dai russi. 

Fake news: ucciso il giornalista cagliaritano Alziator

Ma il 10 gennaio 1915 il titolo è diverso: l’apertura è sulla la morte eroica di un giornalista cagliaritano. E prima vista è davvero strano. Sì, perché l’opinione pubblica quasi certamente non conosceva i giornalisti cagliaritani dal momento che quasi tutti gli articoli de L’Unione Sarda sono anonimi, senza firme. Ma questo caso è diverso: il giornalista, conosciuto in Continente dove ha lavorato per diverse testate, è diventato un soldato garibaldino ed è caduto combattendo nelle Argonne.  Così, almeno, sembra. La realtà si scoprirà qualche tempo dopo. Comunque sia, il giornale gli dedica la prima pagina: <Anche Cagliari ha dato un suo figlio al grande olocausto.  Augusto Alziator è caduto nelle Argonne combattendo per la Francia e per la libertà.  Morto di garibaldino e di sardo.  Di sardo, perché dovunque si muore per una causa di giustizia, dovunque si muore per l’Ideale, i figli di Sardegna non possono mancare. Al primo appello del nipote di Garibaldi ha risposto subito. Presente. Giornalista è diventato soldato. Ha impugnato il fucile ed è corso sorridente incontro alla morte. Ed è caduto come egli aveva sognato, con l’arma in pugno contro il nemico. Da eroe>. Aveva 35 anni, faceva parte della redazione de Il resto del Carlino: come corrispondente di guerra ha seguito le vicende dei volontari italiani arruolati nella Legione garibaldina dislocata tra Nizza e Montelimar. La Legione è inquadrata nella Legione Straniera francese come IV reggimento, il comando è affidato a Peppino Garibaldi, figlio di Ricciotti.

La fake news su Alziator. (la pagina del 10 gennaio 1915)  

La Legione Garibaldina raggiunge la linea del fuoco  sulle Argonne e Alziator si arruola volontario.  Camicia rossa.  <Volle anch’egli farsi soldato, la penna non poteva bastargli più mentre tuonava il cannone, bisognava sostituirla con la baionetta>, scrive l’Unione Sarda. Col grado di sergente,  è il segretario personale di Peppino Garibaldi.  La mattina del 5 gennaio 1915 a Courtes Chausses, durante un’azione contro le linee tedesche, il giornalista cagliaritano è con Costante Garibaldi quando questi muore. Nel corso di quel combattimento si perdono le tracce di Alziator e di un suo commilitone. Dati per dispersi, vengono ricordati e commemorati. Di lì la notizia pubblicata da L’Unione Sarda sulla morte eroica di Alziator. Ma, dopo qualche settimana si viene a sapere che in realtà il giornalista non è morto: gravemente ferito è stato catturato dai tedeschie ed è ricoverato nell’ospedale militare di Offenburg. La Croce Rossa Internazionale interviene per tentare di riportare il garibaldino in Italia facendo valere lo status di giornalsita. Ma è tutto inutile: Alziator è un soldato e resta prigioniero. Solo a guerra finita, gravemente malato, rientra in Italia e si stablisce  a Firenze dove muore poco tempo dopo, nel 1920. 

Sin dall’inizio dell’anno L’Unione Sarda prosegue il dibattito sulla neutralità dell’Italia ma con il passare del tempo la posizione del giornale, che inizialmente condivide la neutralità dell’Italia, cambia: prima timidamente poi con tono sempre più entusiastici sostiene la linea interventista.

IL MAGGIO RADIOSO

Il primo maggio 1915 L’Unione Sarda pubblica un fondo per la missione di pace, dal quale si dissocia con un distico deciso: <Mulas difende una tesi che è in diretta e irriducibile opposizione con le nostre idee… gli argomenti non hanno alcun valore… l’evangelica predicazione della pace, mentre tutta Europa è in armi, pare a noi una grande ingenuità, non prova di pericolosità… la pace può essere debolezza per non dire peggio…  le sue belle ma ingenue parole non potranno punto impedire che il destino si compia, ormai devono parlare i cannoni: è la sola verità alla quale crede il popolo italiano>.

CA1915-05-26PAG01  (la pagina del 26 maggio 1915)

L’11 maggio è <l’ora delle decisioni>. Il giorno dopo  il giornale pubblica in prima pagina, nel titolo di apertura, un importante retroscena: Giolitti avrebbe consigliato di accettare le offerte dell’Austria ma il ministero sarebbe per la guerra. Il 15 maggio ci sono scontri in tutta Italia, anche gli studenti invadono Monte Citorio, intanto continua un’altra guerra, in Tripolitania, e il giornale lo ricorda con un trafiletto in prima pagina. 

Il 16 maggio, altro retroscena ancora una volta in prima pagina: per la formazione del governo il re si rivolse solo a parlamentari interventisti.

Il 17 maggio il quotidiano, apertamente schierato per la discesa in campo dell’Italia, sottolinea con enfasi che ventimila cagliaritani inneggiano alla guerra.

E’ un crescendo: il 18 maggio si dà notizia della convocazione di Camera  e Senato, il 19 D’annunzio parla dal Campidoglio, il 20 gli studenti universitari chiedono l’arruolamento di massa e il re elogia i soldati sardi, il 21 maggio l’Italia è pronta a sfoderare la spada, il 22 vengono accordati i pieni poteri, il 23 è l’ora della mobilitazione generale, il 24 maggio arriva la dichiarazione di guerra e il richiamo dell’ambasciatore d’Italia a Vienna. Il 27 maggio L’Unione celebra il re sul fronte che assume il comando supremo delle forze di terra e di mare.

IL CONFLITTO 

Il 6 settembre 1915 la cronaca cittadina apre con un titolo eloquente che pone un problema: “Difendiamo dal freddo i nostri soldati”. E’ un invito a preoccuparsi del vestiario dei giovani uomini al fronte. <Un altro nemico più terribile di quello che i nostri hanno rotto in fuga e decimato già s’appiatta fra le asperità dei monti nevosi: il freddo invernale. Noi, abituati alle carezze dei nostri climi dolcissimi e che abbiamo nel ricordo le ore liete delle serate invernali trascorse sotto la luce intima e calda della lampada appesa al soffitto, nel tepore delle nostre stanze da pranzo, mai riusciremo a sapere che cosa sia una notte d’inverno sulle alta vallate del trentino del Cadore e della Carnia sotto la fredda luce delle stelle… Finora noi abbiamo indirizzato tutti i nostri sforzi a proteggere le famiglie che i nostri soldati hanno lasciato nei loro paesi, nelle loro città, per dare ai nostri soldati combattenti per la grandezza e la gloria d’Italia la necessaria serenità del cuore. Oggi il nostro compito si allarga, si fa più complesso… dobbiamo ormai rivolgere le nostre cure, tutte le energie del nostro cuore, tutte le attività del nostro pensiero alla difesa dei nostri soldati dagli agguati, dalle insidie di un nemico contro cui non bastano il valore e l’eroismo. Occorre difendere le care membra dei soldati d’Italia dagli assalti del formidabile nemico, occorre rivestirle di quegli indumenti che avranno la virtù di non lasciar passare il freddo tenace, impalcabile, o per lo meno attenuarne l’intensità… E in tutta Italia l’opera della lana per i soldati, la febbrile instancabile attività delle nostre donne nella preparazione degli indumenti che chiameremo di difesa non abbia tregua… Ciascuno di noi dia ciò che può, non solo il quod superest ma anche ciò che può costarci qualche sacrificio. Chi non potrà dar mano al portafogli dia ore di lavoro… Come essi, i nostri soldati, difendono la patria nostra, con tutto l’ardore dell’anima nostra, con tutte le forze fattive del nostro essere accingiamoci a difendere i nostri cari dall’unico nemico che può farli tremare: il freddo>.

La Brigata Sassari al fronte

CA1915-11-16PAG01   (la pagina del 16 novembre 1915)                                             

Il 7 settembre la cronaca di Cagliari riserva la notizia principale all’encomio per i reggimenti sardi, spedito da un caporalmaggiore alla sua famiglia: <O voi valori della Brigata Sassari il mio più vivo elogio per la splendida prova d’eroismo confermate oggi nella ferma fiducia che saprete sempre mantenere alto il nome della Brigata Sassari per la maggior gloria della nostra santa patria>. Il 16 novembre invece il giornale dedica la prima pagina alla Brigata Sassari perchè il generale Cadorna con un comunicato ha esaltato il fulgido eroismo dei soldati sardi. Il giornale pubblica il comunicato integrale: < Sul Carso è continuata ieri l’azione. Per tutto il giorno l’artiglieria nemica concentrò violento e ininterrotto fuoco di pezzi di ogni calibro sul trinceramento delle Frasche al fine di snidare le nostre fanterie. Gli intrepidi sardi della Brigata Sassari resistettero però saldamente sulle conquistate posizioni e, con ammirevole slancio, espugnarono altro vicino e importante trinceramento detto dei Razzi. Fecero al nemico 278 prigionieri dei quali 11 ufficiali>.

AMERICA IN CAMPO

La guerra viene raccontata tutti i giorni in prima pagina, e sono quasi sempre titoli trionfalistici sulle incursioni dei nostri soldati al fronte, con molte cronache dedicate all’infinita battaglia di Verdun. La guerra lascia il passo soltanto alla politica nazionale con dettagliati resoconti parlamentari ma sono occasioni davvero rare. Le notizie di cronaca locale sono confinate in trafiletti di poche parole come quelle che il 13 gennaio descrivono la visita del vescovo di Sassari ai prigionieri austriaci all’Asinara: <Il vescovo compì la traversata a bordo del rimorchiatore Ercole. Venne ricevuto dal generale comandante il presidio. Dalla Reale proseguì per i Fornelli e Cala d’Oliva a fece ritorno ieri sera>. 

Gli effetti delle guerra si fanno sentire anche in Sardegna dove i generi alimentari di prima necessità sono razionati e li si può acquistare soltanto con le tessere. Ma al giornale c’è un problema in più: la carta. Tanto che il primo gennaio 1916 L’Unione Sarda apre la cronaca cittadina a pagina 2 rivolgendosi “Ai lettori”: è quello che oggi si chiamerebbe un comunicato sindacale visti il tono e la firma.  <Penuria di carta non dipendente da mancata antiveggenza nostra ci obbliga a pubblicare il giornale in veste più modesta. Di questo fatto, come di tutte le irregolarità lamentate dagli amici per la spedizione, rivendita e stampa del giornale, decliniamo ogni responsabilità, essendo stati sempre, e non per volontà nostra, estranei all’amministrazione de L’unione>. Firmato:  La redazione.

I titoli di prima pagina sulla guerra sono sempre forti, come quello che apre il giornale del 24 luglio 1916: “Magnifiche operazioni dei nostri sulle Dolomiti: 262 nemici e ricco bottino catturati”.

L’esecuzione di Cesare Battisti

A pagina 2, in un trafiletto in alto, il 24 luglio 1916 vengono riportati i particolari della morte di Cesare Battisti, nato a Trento e deputato del Parlamento di Vienna dove si è battuto per l’autonomia amministrativa del Trentino. Volontario negli Alpini è stato catturato dall’esercito austriaco, processato e condannato a morte mediante impiccagione per altro tradimento. “Il cadavere rimase per due giorni penzolante dalla forca”, è il titolo del giornale. E poi nel pezzo si legge che questo fu deciso <in modo che gli abitanti dei paesi vicini e quelli di Trento, appositamente invitati con manifestini largamente diffusi, avessero la possibilità di vedere il traditore>.

La vita intanto a Cagliari continua tanto è vero che nel mese di agosto tutti i giorni a pagina 2 del giornale appare una notizia che ha il sapore di un’inserzione pubblicitaria, e forse lo è: si annunciano gli orari della tramvia che collega Cagliari con il Poetto.

Il 6 agosto, sempre a pagina 2, la rubrica sulle notizie dall’isola sotto il titolo “Oro alla patria” elenca le donazioni di Oristano.

Con toni trionfalistici l’ 8 agosto 1916 il quotidiano di Cagliari descrive l’offensiva sul basso Isonzo e dà notizia di 3.500 soldati e 100 ufficiali catturati mentre a pagina 2 la cronaca cittadina si sofferma ancora una volta sulla Brigata Sassari: motu proprio il re ha concesso la medaglia d’oro per la campagna sull’Isonzo.

<La notizia sarà accolta in tutta la Sardegna con il più grande entusiasmo perché è la prima volta che, durante l’attuale guerra, una così altissima e ambitissima distinzione viene concessa a un reparto di truppa>.

Il 10 agosto i soldati italiani entrano a Gorizia dopo tre giorni di battaglia e il giornale parla di un <enorme bottino: diecimila prigionieri>.

Sul giornale del 28 agosto un titolone nero annuncia la dichiarazione di guerra dell’Italia alla Germania. La notizia dell’agenzia Stefani viene riportata integralmente con caratteri e interspazi più grandi in modo che sia immediatamente distinguibile dagli altri articoli.

La morte dell’imperatore austriaco

Il 23 settembre il pezzo principale è quello sulla morte dell’imperatore di Vienna Francesco Giuseppe.

Il 13 dicembre 1916 altro titolone: “Il nemico chiede la pace”. La notizia è datata Basilea ma arriva da Berlino: <Il cancelliere dell’impero ha oggi dichiarato al Reichstag che i governi di Germania, Austria-Ungheria, Bulgaria e Turchia hanno inviato ai rappresentanti diplomativi degli Stati, incaricati della protezione di loro sudditi, note identiche per essere comunicate alle potenze nemiche, contenenti la proposta di entrare, fino da ora, in negoziati di pace. Se, malgrado questa offerta, la lotta dovesse continuare, le quattro potenze alleate sono determinate a condurla fino a una fine vittoriosa, declinando ogni responsabilità>. Il titolo di taglio, sulla destra, è quasi una replica: “La  politica dell’intesa, per una guerra più vigorosa”.

Il 23 dicembre riecheggia dalle colonne del giornale ancora la parola pace: scende in campo l’America. Da Washington il presidente Wilson <ha diretto ai rappresentanti diplomatici degli Stati Uniti all’estero una nota perché essi ne diano comunicazione ai governi presso cui sono accreditati e nella quale egli suggerisce un piano di azione relativo alla guerra. Il suggerimento, dice la nota, è fatto con lo spirito più amichevole e viene da un amico, ma anche dal rappresentante di una nazione i cui interessi sono gravemente colpiti dalla guerra e la cui preoccupazione di porvi termine rapidamente risulta dalla necessità di determinare come meglio tutelare tali interessi se la guerra deve continuare. Wilson dice che il suggerimento non ha connessione di sorta con le aperture tedesche e deve esser giudicato soltanto nel suo merito… Wilson indica le ragioni per le quali il popolo e il governo degli Stati Uniti sono interessati in modo vitale alle misure per assicurare la pace futura, e sono impazienti di cooperare all’adempimento di questi fini, ma bisogna prima che la guerra termini. Gli Stati Uniti non hanno la libertà di suggerire le condizioni alle quali ciò è possibile ma Wilson ritiene suo diritto e suo dovere far rilevare il profondo interesse dell’Unione alla fine del conflitto… Wilson non propone né la pace né la mediazione. Domanda soltanto che siano fatti assaggi affinché si possa apprendere a quale distanza siamo dalla pace, verso la quale l’umanità tende con crescente aspirazione>.

IL PAPA E L’INUTILE GUERRA

Anche gli Stati Uniti entrano in guerra: quando viene pubblicato il proclama di Wilson (che il 27 febbraio ha chiesto al Congresso i pieni poteri) del 7 aprile – intanto anche l’Austria rompe le relazioni con gli Usa che a loro volta hanno fatto altrettanto con la Germania il 5 febbraio e il giorno dopo hanno invitato gli Stati neutrali a fare altrettanto – i fronti sono molteplici, la guerra è globale. In questa situazione difficilissima la nota del Papa Benedetto XV del primo agosto tenta di dare uno scossone definendo la guerra <un’inutile strage> e <un suicidio della Europa civile>. Ma è tutto inutile. L’Unione Sarda riporta il documento, in sunto, il 17 agosto 1917: <Il Papa ricorda quanto ha fatto pel passato, lamentando che i suoi appelli non siano stati ascoltati, che, anzi, la guerra abbia preso maggior estensione. Si domanda quindi se il mondo civile dovrà ridursi a un campo di morte e se l’Europa dovrà correre a un vero e proprio suicidio… Il Papa confida che l’invito, partendo da esso, rivolto a tutti in nome del redentore divino, Principe della pace, sia prontamente ascoltato, venendo così a cessare questa tremenda e inutile strage e assicurandosi per tal modo ai popoli quella felicità che i governanti hanno l’assoluto dovere di procurare>.

La risposta del presidente americano viene pubblicata sul giornale del 30 agosto: L’Unione Sarda scrive <che nei circoli bene informati si assicura che gli Stati Uniti ritengono che non vi sia alcuna ragione di discutere la pace mentre la Germania non fa conoscere le sue intenzioni>.

Scrive Wilson: <Se ogni cuore che sanguina per l’orribile guerra deve essere toccato dall’appello del Papa sarebbe tuttavia folle seguire la via di pace che esso indica perché non conduce allo scopo ricercato. Trattare con l’attuale governo della Germania sarebbe permettere ai suoi governanti, le cui trame sono state sventate, ma che non sono ancora vinte, di riprendere le loro forze sul continente che hanno inondato di sangue innocente. Una pace permanente dev’essere basata sulla fiducia di tutte le nazioni. Ora è impossibile accettare la parola degli attuali governanti tedeschi come una durevole garanzia>.

La guerra dunque continua e anche le eroiche imprese dei nostri soldati: il 22 settembre 1917 L’Unione Sarda pubblica il grande riconoscimento del generale Cadorna a un’altra brigata sarda, la Reggio. Sul giornale c’è il comunicato integrale con le motivazioni ancora una volta pubblicato con grande risalto sotto il titolo di apertura.

La ritirata di Caporetto

Ma di lì a poco le cose si mettono male. Malissimo. Si arriva alla batosta di Caporetto. Venerdì 2 novembre 1917: l’apertura de L’Unione Sarda è a quattro colonne, “I nostri ripiegano sulla linea del Tagliamento”. Non ci si dimentica comunque di sottolineare il <fulgido eroismo> del nostro esercito.

La guerra in Sardegna si fa sentire attraverso i morsi della fame e il razionamento dei generi alimentari. A pagina 2 del 4 novembre 1917 il giornale informa la popolazione che chiunque detenga patate in quantità superiore ai cinque quintali dovrà farne denuncia al prefetto.

E, sempre a proposito di generi di prima necessità, il 9 novembre 1917, a pagina 2, viene pubblicata la denuncia di un lettore con il titolo “A proposito di tessere e di razioni”: ridotta la razione settimanale di pasta, si contesta il funzionamento delle tessere. <Evidentemente debbono esservi stati molti casi d’indigestione e va benissimo. Scherzi a parte, se la pasta scarseggia non poteva farsi diversamente e anche questo va benissimo.  Ma ciò che non va assolutamente bene è il modo come funzionano le tessere. Pare impossibile che ancora non si sia riusciti a disciplinare questo servizio, impedendo il pauroso e impressionante assembramento della gente dinanzi ai negozi di così detti commestibili, ciò che potrebbe farsi soltanto se si facesse obbligo a ogni singolo possessore di tessera di servirsi nella bottega posta nella via in cui esiste il suo domicilio o in quella più prossima. Pare impossibile come una cosa così semplice e pratica non possa farsi adottare.  Ogni tessera, verbigrazia, ha nome, indirizzo, etc. del suo possessore. Il controllo dell’esercente sarebbe agevolissimo.  Ciascun consumatore così potrebbe esser certo di trovare nell’esercizio della sua via la quantità di pasta, di zucchero, di olio che gli è assegnata e non sarebbe costretto a perdere giornate intere dinanzi ai pubblici esercizi, a buscarsi urtoni e pugni, salvo il caso di compromettersi>. 

L’eroico generale Carlo Sanna

 

Le gesta eroiche dei soldati sardi vengono sempre sottolineate dal giornale: il 10 novembre 1917 è la volta del generale Carlo Sanna. <Il Bollettino Militare conferma la promozione straordinaria, per alto merito di guerra, del vostro illustre e valoroso conterraneo Carlo Sanna, da maggiore a tenente generale. 

Il gen. Carlo Sanna

C’è spazio anche per notizie di servizio, o meglio, per informazioni su singole persone: il 22 novembre 1917, a pagina 2, nella prima colonna come seconda notizia si parla di un prigioniero di guerra. In realtà <il bravo caporale Foddai Leonardo, dichiarato disperso dall’8 agosto e del quale si nutrivano poche speranze,  ha scritto alla famiglia da Mathausen>.

Il 28 novembre il giornale dà conto delle oblazioni per i profughi raccolte dal Comitato di soccorso di Cagliari. La notizia successiva riguarda la visita alla redazione del giornale dell’aiutante di battaglia Raimondo Scintu, eroico soldato di Guasila < le cui leggendarie imprese sono a tutti ben note per averne, e diffusamente, scritto i maggiori corrispondenti di guerra. Al valoroso soldato abbiamo consegnato un libretto del Credito  Italiano portante la somma di lire con 517,40, frutto della sottoscrizione aperta dal nostro giornale. Egli ripartirà oggi per Guasila dove si tratterrà per un mese il licenza di convalescenza>.

Gli intrepidi sardi Scintu e Podda

Quattro giorni dopo, il 2 dicembre 1917, la pagina 2 apre la cronaca cittadina con la medaglia d’oro agli <intrepidi sardi> Scintu e il sergente maggiore Fernando Podda da Loceri (alla memoria).

La popolazione soffre le conseguenze della guerra e l’8 dicembre L’Unione Sarda scrive che a Cagliari alle 8 di mattina era finito il pane. <Per tutta la giornata è stata una peregrinazione ininterrotta di cittadini di ogni ceto, specie di popolani, attraverso i punti più estremi della città alla ricerca di una e qualunque, benché minima, rappresentanza di un po’ di quel pane quotidiano che, bambini, abbiamo tante volte invocato nell’orazione domenicale. Dinanzi a certi forni la folla sostò inutilmente per ore ed ore, appagandosi del buon odore del pane caldo che si sfornava ma di cui era vietata la vendita sino al suo raffreddamento.  A un certo punto il confortevole profumo non bastava più e fu necessario che l’autorità consentisse di sera in qualche forno la vendita del pane caldo.  Ci siamo recati iersera stessa dal questore per avere notizie della situazione che avrebbe potuto creare dei gravi incidenti ove fosse continuata. Le assicurazioni dateci sono tali che possono e debbono togliere ogni apprensione.  L’inconveniente di questi ultimi giorni, solo ieri fattosi veramente sensibile, dipese più che da una insignificante riduzione del quantitativo della farina per esperimento, da abusi e sperperi che si verificavano e che furono in parte scoperti. In tutti i modi ogni forno ieri fu ieri rifornito dell’antico quantitativo di farina e con la sorveglianza che è stata resa più oculata può assicurarsi il pubblico che il grave inconveniente di ieri non avrà più a ripetersi>.

Chissà dove sta la verità 

Comunque sia, la Sardegna non è stata toccata dalla guerra nel senso che il territorio dell’isola non è stato obbiettivo di cannoneggiamenti né bombardamenti. Però c’è un momento in cui evidentemente si teme che possa accadere qualcosa.  Non può essere un caso se il 27 dicembre 1917 il giornale pubblica una notizia curiosa che fa pensare a pura strategia militare. Il titolo è: “Ordinanza prefettizia per l’oscuramento della città e delle zone litoranee” <in guisa che nessuna luce possa essere scorta dal mare. Tutte le lampade elettriche e i fanali a gas che sono visibili dal mare, compresi quelli del viale San Bartolomeo, dovranno essere oscurati, nella parte rivolta verso il mare, con pittura verde a olio. Le lampade elettriche del viale Regina Margherita, della piazza Costituzione, della scalinata del bastione, del bastione Saint Remy, della salita Mario De Candia, le prime due lampade (le più basse) del largo Carlo Felice e quelle del cinema Iris dovranno essere oscurate interamente con pittura verde a olio e non possono avere una intensità luminosa superiore alle cento candele. Tutte le abitazioni private, gli stabilimenti e gli esercizi pubblici prospicienti al mare dalla caduta del sole all’alba dovranno fare in modo che la luce all’interno non possa essere assolutamente visibile dal mare, sia oscurando i vetri con tinta opaca, sia tenendo costantemente oscurati gli scuretti. I tram elettrici non potranno tenere all’interno più di una lampada accesa e dovranno oscurare convenientemente i fanali esterni. Gli esercizi pubblici esistenti in via Roma dovranno abolire qualunque illuminazione esterna a meno che non siano muniti di tende che intercettino la visuale dal mare, nel qual caso dovranno tenere abbassate costantemente tali tende>. Il tutto è probabilmente legato alla presenza dei sottomarini nemici delle acque del golfo di Cagliari e le luci della città potrebbero illuminare, rendendolo visibile, il movimento delle nostre navi in porto.

LA SVOLTA

La battaglia del Piave rinfranca le truppe italiane dopo la disfatta di Caporetto ma la vera riscossa arriva alla fine del gennaio successivo: Il 31 gennaio 1918 L’Unione Sarda apre a tutta pagina con la Brigata Sassari riconsacrata epica con il successo della battaglia  dei Tre Monti (col d’Echele, col del Rosso e monte Valbella) che segna la riscossa. E’ la fine della pressione austroungarica, l’inizio della ripresa dopo aver rischiato di essere travolti. Si tratta di una battaglia difensiva fondamentale. A proposito di questa data: anche lo Statuto della Regione Sardegna è del 30 gennaio (1948) anche se poi viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 26 febbraio (le prime elezioni regionali saranno nel maggio 1949). Quando la Regione deve scegliere una data per la sua festa indica l’ultima domenica di gennaio in ricordo da un lato dell’approvazione dello Statuto, dall’altro della gloriosa battaglia dei Tre Monti con la Brigata Sassari. 

CA1917-09-22PAG01     (la pagina del 22 settembre 1917)

Ma la guerra non è ancora finita e chi predica la pace non è ben visto. Anzi. Dall’ottobre 1917 è in vigore il decreto Sacchi in base al quale vengono deferiti ai tribunali militari anche i civili accusati di disfattismo. Gli scioperi sono illegittimi, è reato qualunque situazione che impedisca lo svolgimento del lavoro come, per esempio, le manifestazioni. In questo contesto a Cagliari suscita scalpore l’arresto di un padre carmelitano, Ruggero Storti. La notizia appare a pagina due in un trafiletto il 3 gennaio 1918 , nella prima colonna, come quarta notizia. In realtà il titolo è sulla data del processo: “Il processo del padre carmelitano arrestato per disfattismo”. Si scopre così del provvedimento che ha colpito un sacerdote dopo un’omelia durante la messa. <Il processo del padre Ruggerto Storti, rettore della chiesa del Carmine, è stato fissato per il 18 corrente. Frattanto, contro il deliberato delle Camera di consiglio che lo aveva negato, per l’appello interposto dall’avvocato dell’imputato, conte Sanjust, la camera di consiglio della Corte d’appello ha concesso la libertà provvisoria al padre Storti che ieri è stato scarcerato>. Cagliari è particolarmente colpita da questo episodio anche perché gira la voce che a sporgere denuncia è stato l’avvocato Umberto Cao, ex direttore del Paese. Padre Storti viene condannato a sette mesi e L’Unione Sarda dà la notizia a pagina due, nella terza colonna, il 19 febbraio 1918: <Ieri mattina ha avuto luogo nanti il tribunale penale il processo contro il padre Storti, accusato di disfattismo. Dopo la deposizione di oltre 30 testimoni ha parlato, brillantemente, il pm avvocato Meloni sostenendo l’accusa. Ha seguito l’avvocato conte Enrico Sanjust difensore di padre Storti.  Indi il tribunale, che era presieduto dal cavalier Dessì e composto dai giudici avv. Capece e Sechi, ha pronunciato la sentenza con la quale condanna il padre Storti a sette mesi di reclusione e a lire 350 di multa>.

Il 2 maggio 1918 il giornale apre la prima pagina con la Camera dei deputati che discute il disservizio ferroviario in Sardegna mentre a pagina due un trafiletto parla della sagra di sant’Efisio. Il titolo è “Fede e tradizioni”, in realtà  il pezzo riporta una notizia sensazionale: per la prima volta nella secolare storia del voto che la città di Cagliari scioglie al martire guerriero, il cocchio non viene trainato dal giogo dei buoi ma dai reduci di guerra in licenza. <Nella gloria raggiante della più limpida e dorata giornata primaverile, preceduto dalla tradizionale cavalleria dei miliziani, dei campidanesi e dei componenti la guardiania, Sant’Efisio, nel suo cocchio scintillante, ha ieri iniziato il suo viaggio per la sua annuale villeggiatura, attraverso la piazza Jenne, il Corso la via Sassari, completamente gremiti. Il consueto spettacolo attraente e suggestivo. Oltre il solito, quest’anno, l’alter nos che da vario tempo non figurava più nel tradizionale corteo e che era impersonato dall’avv. Colomo e, per la prima volta, da secoli, il cocchio non trainato dal monumentale giogo di buoi agghindato a festa ma portato trionfalmente da un nugolo di soldati in grigio- verde, buoni figli del popolo trovantisi a Cagliari in regolare licenza dopo le aspre vicende della guerra>.

Il 5 maggio la cronaca del ritorno a Cagliari di Sant’Efisio è sempre a pagina 2: <Preceduto dal corteo che lo aveva accompagnato fino a Giorgino il giorno della partenza, ieri verso le 22, Sant’Efisio col suo cocchio luccicante, trainato da una siepe grigio-verde di soldati, ha fatto ritorno nella sua chiesa titolare attraverso la via Sassari, il Corso, la piazza Jenne, parte della via Azuni, letteralmente gremiti. Nonostante lo straordinario affollamento di devoti e non devoti, nessun incidente>.

La notizia sotto è di una riga e mezza. Il titolo è “La posta”: <Stasera niente posta. Era da aspettarcelo>.

La vittoria

La guerra finisce il 4 novembre 1918: incredibilmente il titolo de L’Unione Sarda del giorno dopo non è a tutta pagina ma a due colonne, seppur di apertura: “Fiaccato definitivamente l’orgoglio maligno dell’Austria-Ungheria”. Sotto, sempre a due colonne, un altro titolo: “Le ostilità per terra per mare e per aria sospese su tutti i fronti dell’Austria-Ungheria”.  E ancora: “Le deliranti esplosioni di giubilo in tutta Italia, l’avanzata gloriosa dell’Esercito. E poi a pagina due, la cronaca cittadina con quanto è accaduto a Cagliari. Titolo: “La superba dimostrazione di ieri”. 

24-11-15SPC13IN (la pagina del 13 novembre 1918)

E poi l’articolo: <Al suono festoso delle campane di tutte le chiese della città, tutto il popolo di Cagliari, stretto intorno al gonfalone del Comune, ai labari, alle bandiere di tutte le associazioni locali è passato ieri sera plaudente, acclamando per le vie della città imbandierata, recandosi alla sede dei vari consolati, al comando, alla prefettura. Abbiamo detto il popolo di Cagliari, il popolo tutto espresso dalle sue più alte autorità, da uomini e donne d’ogni ceto e condizione, da vecchi fanciulli e soldati: il popolo tutto nel suo ampio respiro del suo grande cuore. L’onda della folla imponentissima si mosse dalla via Roma verso le 17. La precedeva la banda del presidio, seguivano due automobili su cui erano gloriosi mutilati di guerra e poi il palpito della bandiera e delle numerose associazioni locali e di quelle delle scuole e degli istituti d’istruzione della città. Prima fra tutte, un sacro e glorioso cimelio: la bandiera dei sardi che seppe la vittoria di Lepanto. Il gonfalone di Cagliari era portato da tre mazzieri in gran tenuta di gala. Il corteo si ferma subito davanti al consolato inglese. La banda intona l’inno inglese. Gli applausi sono unanimi. Il console cav. uff. Enrico Pernis si presenta al pubblico, scoppiano nuovi applausi. Il cav. Pernis si unisce al gruppo delle autorità e il corteo s’avvia al Palazzo del Comune. Il palazzo è imbandierato. Sono i colori di tutte le nazioni alleate che sventolano con un brivido di esultanza pari a quella che pervade la folla tutta, una folla che Cagliari non vide mai così imponente, magnifica. A una delle due torrette sventola il tricolore nostro. A uno dei poggiuoli si fa il rappresentante del nostro comune cav. Giuseppe Manno che, con salda voce sonora, rivolge al popolo plaudente il seguente discorso: “Trento e Trieste, meta e sospiro dei nostri padri, sono finalmente riconsacrate italiane, e per sempre. Sul castello del Buon Consiglio e sul colle di San Giusto irride oggi alla livida rabbia tedesca il tricolore della libertà mentre da 6 milioni di petti sale delirante alle labbra un giuramento solenne: Trieste e Trento anima della nostra anima, le vostre piaghe secolari saranno risanate dal nostro immenso amore, i vostri martiri saranno in eterno glorificati dal nostro culto reverente, la vostra vita sarà materiata non più di forche e di catene ma di felicità e di benessere! E tu, triste sire d’Asburgo, tu anima esecrata di Francesco Giuseppe, assistete oggi al crollo del vostro turpe sogno, allo sfacelo della vostra patria. A questa la vostra punizione tremenda, tanto più tremenda in quanto, a maggiore vostro scorno, essa vi è inflitta da colei che più tenacemente odiaste, dall’Italia.  Per virtù del nostro eroico soldato l’impero austro-ungarico non sarà più, fra breve, neppure un’espressione geografica. Gloria all’esercito d’Italia, gloria ai suoi valorosi condottieri, gloria al Re, avanti ora sulle vie fiorite della civiltà per le maggiori fortune della patria immensamente amata. Viva l’Italia”. Applausi deliranti accolgono le ultime parole dell’oratore che scende giù e s’inserisce nel corteo, al fianco del presidente della deputazione provinciale comm. Sulis, del rettore della regia università comm. Binaghi, del presidente della Croce rossa Marcello, etc. Quindi il corteo, dopo aver fatto una punta al consolato belga dove si svolse una dimostrazione semplicemente indimenticabile, percorrendo la piazza del Carmine, la via Sassari, la via Manno, piazza Martiri e via Torino, si recò al comando della Divisione. Il generale comm. Borzini rivolse ai presenti poche ma incisive parole che destarono fremiti d’entusiasmo. Dal comando della Divisione alla sede del consolato di Francia. Il console cav. Leca pronunzia un breve discorso che si chiuse col grido “Viva l’Italia”. Per via Mazzini, per via Lamarmora e per via Canelles l’immenso corteo – lo compongono, e lo abbiamo già detto, tutti i cittadini di Cagliari – si reca alla Prefettura. La vasta piazza si gremisce in un baleno. La banda intona la marcia reale e il prefetto si fa al balcone. Applausi deliranti. Il prefetto fa cenno di parlare e rivolge alla folla le seguenti poche parole: “Cagliaritani, il contegno vostro calmo che formò il miglior titolo di lode l’anno scorso, quando ore tragiche incombevano, è giustamente sostituito dalla vostra esultanza piena e patriottica che io divido con tutto il cuore. A voi plaudo o sardi che tanta parte avete nella vittoria e che ora tanto diritto avete alla riconoscenza. Segnalerò subito al governo questo vostro giubilo che è giubilo di tutta la nazione e vi invito a gridare ancora una volta “Viva il re”. Indi si verificò una simpatica concomitanza: l’arrivo alla Prefettura del bollettino Diaz. Il comm. Fratteri non esitò un minuto e lo comunicò subito al pubblico. Fu un momento solenne, indimenticabile. Le ultime parole così dure e inespressive pel nemico destano un fremito d’entusiasmo. La banda suona gli inni delle nazioni, si grida, si acclama ancora al re, all’esercito, all’America, alle nazioni dell’Intesa e lentamente la folla comincia a dileguarsi. Così si chiuse la divina e memoranda serata. Di notte la città, che per tutta la giornata ebbe uno spirito gestivo, fu illuminata. Pubblici edifizi e case private. Fin oltre le 23 le vie della città restarono animatissime>.

Il sacrificio di Alberto Villa Santa

Il 13 novembre 1918 L’Unione Sarda apre il giornale con un titolo a tutta pagina: “Il trionfo definitivo della libertà e della giustizia con la firma dell’armistizio. E’ la fine della grande carneficina. Il giornale di quei giorni, tra l’altro non dà notizia della morte di un valoroso soldato, Albero Riva Villa Santa, morto sul campo l’ultimo giorno di guerra, il 4 novembre 1918.

Si era arruolato nel 90º Reggimento Fanteria. Brigata Salerno.  Prese la decisione quando seppe della morte sull’altopiano di Asiago del padre, Giovanni Riva, maggiore comandante del primo battaglione del 151° reggimento della Brigata Sassari , lasciò la famiglia e, falsificando i documenti, si arruolò nei bersaglieri. Dichiarò di avere 18 anni, invece ne aveva 16.  Nonostante la giovane età si distinse nelle battaglie sul monte Grappa e sul Piave e fu decorato con la medaglia d’oro al valor militare: «Pochi istanti prima della cessazione delle ostilità, cadde gloriosamente sul campo, esempio magnanimo di sacrificio per la grandezza della patria». Un eroe di guerra. Giovanissimo. Ma sul giornali di quei giorni  la notizia della morte del valoroso soldato non c’è.  Delle sue imprese si è saputo soltanto dopo. Alberto Riva Villasanta (nella foto), e come lui tanti altri, è entrato nella storia senza passare per la cronaca.

 

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Chi è Maria Francesca Chiappe

Caporedattrice de L’Unione Sarda, giornalista esperta di cronaca giudiziaria, autrice di inchieste e di alcuni saggi legati a clamorose vicende di cronaca. Nel 2008 ha vinto il premio nazionale “Cronista dell’anno”. Nel 2011 col libro “Ladri di uomini” ha ottenuto una menzione speciale al Premio Alziator.

In occasione delle celebrazioni per i 130 anni del quotidiano sardo ha curato la pubblicazione del volume “Le Cronache de L’Unione Sarda sulla Grande Guerra”, presentato nella sala consiliare del Municipio di Cagliari nel novembre 2018 e quindi distribuito insieme al giornale.

 

 

Fonti:

Volume pubblicato dal Gruppo editoriale L’Unione Sarda, novembre 2018

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