Il mestiere di scrivere

Correttezza, passione e cultura: la lezione di Mauro Manunza

La recente scomparsa di Mauro Manunza (2 febbraio 2020) ha destato un profondo cordoglio nel mondo del giornalismo sardo e non solo perché, oltre ad incarichi dirigenziali nel giornale e al ruolo di presidente dell’Ordine svolto con passione per un quindicennio, è stato davvero un personaggio della città. Di quella Cagliari, oggi un po’ cambiata non so se in peggio o in meglio, che lui ha seguito da vicino nelle trasformazioni urbanistiche, nella politica comunale, nelle cronache di nera e di giudiziaria, e nelle inchieste sui grandi temi. Come giornalista e come cittadino impegnato nelle associazioni di servizio quale il Rotary Club, del volontariato (Unicef, Scout), della cultura (Amici del libro, Università della Terza Età) e dell’ambiente artistico. Un altro collega della “vecchia” generazione, quella che ha iniziato a scrivere a metà degli anni Sessanta, che ci ha lasciato nel giro di poco tempo. Un collega non qualunque, che ha svolto il suo lavoro con serietà come tutti gli onesti lavoratori, ma un giornalista che ha saputo interpretare la sua scelta professionale con passione e qualità non comuni, sino a diventare per molti di noi un vero maestro e un punto di riferimento fondamentale.

Passaggio di testimone

Chi scrive fu allievo di Mauro in Cronaca di Cagliari a partire dai primi tempi in redazione all’Unione Sarda, attorno al 1984, quando mi fu affidato l’incarico di ricoprire la cronaca giudiziaria in aggiunta ad altri colleghi più esperti. All’epoca di gravi processi per sequestri e omicidi funzionavano in contemporanea tre Corti d’Assise e quindi bisognava seguire ogni udienza correndo da una parte all’altra del Palazzo di Giustizia. Mauro, che nel decennio precedente e sin dalla fine degli anni Sessanta aveva svolto lo stesso ruolo, mi fu molto vicino correggendo i miei pezzi e con un costante magistero discreto quanto severo, ricco di consigli per svolgere al meglio il lavoro quotidiano. Inoltre, poiché era ormai molto impegnato a condurre la redazione della Cronaca insieme all’altro grande collega quale Tarquinio Sini (il capocronista di allora era il mitico Vittorino Fiori che si affidava in toto ai due colleghi più giovani) piano piano mi passò tutti i filoni che aveva coperto in prima persona: archeologia, storia e tradizioni della città, rapporti con le Forze armate, etc..

Foto di gruppo dei giornalisti dell’Unione Sarda nel 1984 in occasione del matrimonio della collega Maria Paola Masala; Mauro Manunza è il quarto seduto da destra.

 

La ragione di questo “passaggio di consegne”, a parte la simpatia e l’affetto reciproci, era che ci legavano comuni interessi e lui aveva intuito di potersi fidare del giovane collega che non lo avrebbe fatto sfigurare con i suoi referenti privilegiati. Soprattutto per quanto riguardava i delicati rapporti con i militari che lui aveva sempre curato con attenzione sin da quando all’ufficio stampa dell’Esercito c’era a capo il col. Vinicio Serra, tra l’altro collaboratore sportivo dell’Unione. Con Serra muoveva i primi passi nel campo della comunicazione il ten. Gianfranco Scalas che avrebbe fatto una straordinaria carriera e che con Mauro avrebbe mantenuto sempre un rapporto leale e di profonda amicizia.

La correttezza delle notizie, il rispetto delle fonti anche in periodi difficili di antimilitarismo non solo contro i Poligoni e le basi, ma contro ogni genere di divisa, la comprensione reciproca che entrambi (giornalisti e militari) svolgevano ciascuno un proprio ruolo, per Mauro erano punti fondamentali e irrinunciabili. Poi arrivò il periodo di ricostituzione della Brigata Sassari, delle operazioni Forza Paris per prevenire gli incendi, delle missioni umanitarie all’estero (Mauro fu appunto in Somalia), che i rapporti con i militari si fecero costanti e sempre più intensi. Mauro, anche come presidente dell’Ordine, era un riferimento insostituibile come garante per una informazione corretta quanto tempestiva. E in me, che ero stato ufficiale di complemento in Marina allo Stato Maggiore di Roma, vedeva un collega a cui affidare servizi e articoli sapendo che avrei mantenuto ferma la sua linea di lealtà e correttezza nei confronti dei militari, peraltro garantendo notizie spesso in esclusiva. Come appunto l’annuncio della ricostituzione e del rilancio della Brigata tutta sarda, grazie anche alla volontà dell’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga (fine anni Ottanta).

L’Unione Sarda è stata sempre a fianco dei Sassarini e dei militari sardi soprattutto nei momenti più difficili, come gli attentati in Iraq e i morti nelle varie missioni di pace, come testimoniano i numerosi articoli firmati da Manunza nei giornali di quei tempi.

Lo scoop in viale Trieste

Tra i tanti ricordi personali riaffiora quello legato al mio primo “scoop” di cronista. All’inizio del 1978 ero studente di Lettere e già da due anni collaboratore dell’Unione Sarda per lo sport e la cronaca a cui dedicavo con passione buona parte della giornata. I miei referenti al giornale erano Angelino Carrus allo sport e appunto Manunza in Cronaca di Cagliari.

All’epoca abitavo in viale Trieste e una mattina presto, sentendo dei rumori insoliti provenienti dalla strada, mi affacciai e vidi un gruppo di persone attorno ad uno scavo nel lato sinistro della carreggiata (spalle alla piazza). Gli operai stavano lavorando alla sistemazione della nuova rete fognaria. Quella mattina proprio di fronte alla casa della mia famiglia, trovarono i resti di un interessante ambiente termale, con due mosaici e una nicchia da cui emerse una statua eccezionale: un Bacco del primo secolo d.C.

Il Bacco nell’attuale esposizione al museo nazionale

Ad estrarlo dalla terra furono due bravissimi archeologi, Ginetto Bacco e Maria Antonietta Mongiu, che io ben conoscevo avendo frequentato la facoltà di Lettere e che erano buoni amici di Mauro e della moglie Mariangela, pure lei studiosa di arte e di archeologia (poi diventata un’ottima insegnante).

Mentre continuavano a scavare attorno alla fossa si era creato un pubblico di decine di curiosi. Chiamai subito Mauro che inviò il fotografo e si precipitò a vedere lo scavo. Il giorno dopo e nei giorni seguenti uscirono bellissimi articoli che raccontavano la straordinaria scoperta e ricostruivano la Karalis romana che aveva in piazza del Carmine il Foro e il cuore pulsante della città a cavallo tra i periodi repubblicano e imperiale (III secolo a. C. e II d.C.). Pagine memorabili che avvicinarono i cagliaritani alla nostra storia. Non è un caso che altre eccezionali scoperte erano state fatte nell’area del Palazzo delle Poste, nel Largo Carlo Felice, in piazza Yenne e che negli anni successivi porteranno altre sorprese in viale Trieste, via Caprera, via De Magistris e il Corso. Il bellissimo Bacco (curioso – come scrisse Manunza – che a trovarlo fu Ginetto che dal cognome faceva proprio Bacco, nomen omen) fu portato al Museo archeologico nazionale prima in piazza Indipendenza ed oggi  alla Cittadella dei musei dove costituisce uno dei pezzi forti della collezione cittadina.

Un libro ancora da pubblicare

Peccato che, come più volte mi disse, non abbia mai avuto il tempo e forse la voglia di scrivere un libro su quei temi a lui cari, dove l’acutezza del cronista si univa all’ampia cultura umanistica dello studioso, sempre documentato e preciso nelle citazioni e nelle date… bacchettando i giornalisti superficiali e qualcuno persino incolto (per non dire ignorante). Si può sperare che qualcuno abbia il piacere di andare a ritrovarsi questi articoli nelle collezioni dell’Unione e che, mettendoli insieme, possano un giorno diventare quel volume che lui non ha mai scritto. Oggi mentre scriviamo queste righe, non possiamo che ricordare con commozione, gratitudine e nostalgia la bella figura di Mauro, prezioso collega e generoso amico, che ha lasciato un’impronta importante nel mondo del giornalismo sardo. I suoi articoli sono conservati lì, nelle collezioni dell’Unione Sarda e nelle raccolte delle riviste per cui ha collaborato come il prestigioso Almanacco di Cagliari a testimoniare mezzo secolo di grande professionalità.

Carlo Figari

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