Le origini della Rai nell’Isola

Saggio di Roberto Olla sullo sviluppo della radio e della tv
Roberto Olla

Un saggio sulla storia della Rai in Sardegna, partendo dalle origini delle prime trasmissioni radio e tv e poi esteso allo sviluppo delle tv private, è dedicato un capitolo dell’Enciclopedia “La Sardegna”, pubblicata in tre volumi dalle Edizioni Della Torre nel 1982 (prima edizione, ristampa dieci anni dopo). Si trova nel primo dei tre imponenti volumi nella parte intitolata “Le strutture culturali” e divisa in diverse sezioni, una delle quali relativa ai campi dell’ Arte e Letteratura. Il saggio segue quello di Giuseppina Fois sulla storia del giornalismo nell’Isola (si veda il link Giornali e giornalisti ). Il curatore Manlio Brigaglia e l’editore Salvatore Fozzi per la storia delle tv e della radio hanno affidato il compito al giornalista della Rai Roberto Olla, all’epoca giovane redattore della rete regionale che stava per spiccare il salto nella sede nazionale di Roma dove avrebbe compiuto una brillante carriera specializzandosi nella ricerca storica.

Una volta in pensione ha continuato a lavorare con passione a Mediaset dove ancora oggi copre alcune rubriche. Olla nel corso della sua lunga e fortunata attività professionale ha firmato moltissimi servizi, inchieste, reportage, ed ha scritto anche diversi libri. Alla fine di questo post una sua biografia. Ma all’epoca del presente lavoro prima metà anni Ottanta) la rivoluzione alla Rai, nel senso della creazione delle sedi regionali, era recente come da meno di un decennio si era sviluppato il fenomeno delle tv private locali e quindi del network che darà vita all’attuale Mediaset.

Per una storia della Rai in Sardegna lo studio di Olla rappresenta dunque uno dei primi lavori organici, soprattutto perché integrato nella straordinaria Enciclopedia di Della Torre. 

Il saggio si intitola: La radio e la televisione (da pag 181 a pag 184) ed è diviso in sette paragrafi:

 

  1. La Radio, la Sardegna e il fascismo.
  2. Nascita di Radio Sardegna.
  3. Dall’autonomia all’allineamento.
  4. Il boom radiofonico.
  5. Televisione di Stato e Tv “libere”.
  6. Il decentramento.
  7. Le nuove tecnologie e il “villaggio televisivo”.

 

Per gentile concessione dell’editore Salvatore Fozzi pubblichiamo in questo post il PDF  La radio e la televisione del testo integrale, di cui qui di seguito riportiamo i passaggi fondamentali.

 

La Radio, la Sardegna e il fascismo

Per costruire una piccola storia dei media radio e televisione in Sardegna bisogna risalire per lo meno agli anni trenta quando la radio compie un salto di qualità in un’Italia che la concepiva come mezzo di divertimento e di trasmissione dei messaggi politico-culturali del centro verso la periferia. In quegli anni il regime fascista concentra sulla radio le proprie esigenze propagandistiche (urgenti soprattutto per il conflitto in Etiopia) e la Sardegna viene semplicemente investita dai segnali emessi dal centro romano. I pochi apparecchi presenti in Sardegna captano i programmi direttamente dal continente, nei paesi ci si rallegra ed una voce festosa corre di casa in casa ogni volta che l’isola viene nominata (per lo più in occasione delle visite del duce e dei gerarchi).

Nel 1937 il nuovo ministero della cultura popolare assume il controllo della radio ed immediatamente promuove un piano di miglioramento delle trasmissioni teso a sviluppare il consenso intorno al regime fascista.

Nel 1939 in un momento particolarmente delicato per il regime, l’ente radiofonico (l’EIAR) organizza un grade referendum per verificare il grado di consenso effettivamente raggiunto dal massiccio uso della radio. Tra i dati di questo referendum troviamo una Sardegna allineata al meridione d’Italia dove il possesso di un apparecchio radiofonico è un’ambizione soprattutto dei ceti medi e dove le trasmissioni di educazione alla ideologia fascista raggiungono punte di dissenso anche del’81% (il programma “ginnastica da camera”) che però si dissolve fino allo 0,6% per l’ascolto del giornale radio fascista… Il regime fascista arriva così a perfezionare l’uso strettamente unidirezionale (dal centro alla periferia) della radio intesa sempre come “voce del regime”…

Le radio degli anni ’40 e nel riquadro il “rifugio-stazione radio” di Bortigali

A scopi puramente militari vengono allestite in Sardegna alcune stazioni ricetrasmittenti che con la guerra assumeranno una particolare importanza per la posizione geografica nel Mediterraneo.

Nascita di Radio Sardegna

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943  nasce la priva vera emittente dell’isola: Radio Sardegna.

Rifugio a Bortigali dove cominciò a trasmettere con Radio Sardegna

A Bortigali, nella Sardegna liberata, un camion miliare R6 adibito a comunicazioni radiotelegrafiche militari inizia a trasmettere comunicati dei soldati alle famiglie lontane e messaggi in codice alle formazioni partigiane. Quindi, dalle intercettazioni di Radio Londra e Radio Algeri nasce il primo notiziario dell’Italia liberata; il Cappellano del Comando Forze Armate della Sardegna inizia un ciclo di conversazioni religiose (è don Paolo Carta, che poi sarà arcivescovo di Sassari); gli abitanti di Bortigali regalano pochi dischi che diventano la base delle prime trasmissioni musicali. Così ad una popolazione priva di giornali e di notizie Radio Sardegna dà la sensazione che la fase della guerra è stata superata. Il P.W.B. (comando) alleato pone sotto il proprio controllo Radio Sardegna, ma la lascia amministrare agli italiani; le altre stazioni, man mano che le città italiane vengono liberate, sono invece poste sotto la diretta amministrazione degli alleati. Radio Sardegna, infatti, era nata da un forte bisogno della popolazione di comunicare, di rompere l’isolamento, di sentire voci che aiutassero ad emergere dal caos della guerra: sono trasmissione ideate e realizzate all’interno della Sardegna potevano rispondere a questi nuovi bisogni, embrione di quello che molti anni dopo sarà chiamato decentramento.

 

Il trasferimento a Cagliari

Jader Jacobelli

Il 14 gennaio 1944 con i trasferimento a Cagliari inizia la seconda fase di Radio Sardegna. Il camion R6 viene sistemato in piazza d’Armi, ma presto è sostituito da un trasmettitore Marelli, reperito a Sestu, dove era stato installato a suo tempo per scopi militari. La direzione e la redazione sono collocate in periferia (in una località detta Is Mirrionis), l’auditorium è sistemato in un rifugio antiaereo. Il primo direttore è l’avv. Armando Rossini, che sarà più tardi direttore generale della RAI. Tra i redattori Guido Martis e Jader Jacobelli… 

Nonostante le dure condizioni in cui si vive e si lavora attorno a Radio Sardegna (e al maestro Franco Pisano) si raduna un’orchestra, sono introdotte voci femminili, con un piccolo colpo di mano che mette le autorità militari sotto il fatto compiuto), ed il 23 luglio 1944 fa il suo esordio anche una compagnia di prosa…

 

Dall’autonomia all’allineamento

L’edificio in stile fascista degli anni Trenta che poi diventò la sede di Rai Sardegna in viale Bonaria nel 1945

Nel settembre del 1944 inizia la terza fase di Radio Sardegna: dal continente arriva a Cagliari un funzionario delegato a prendere visione di quanto esiste e a trattare con il P.W.B. che il 31 dicembre consegna l’intera stazione agli italiani. L’EIAR, riorganizzatasi in RAI, apre le trattative con il ministero della guerra è per la cessione della stazione che avviene nel febbraio 1945. Nel marzo dello stesso anno Radio Sardegna è trasferita nella sede di viale Bonaria. 

Radio Sardegna diviene presto una mera ripetitrice dei programmi di Roma, i programmi locali sono ridotti a limitatissimi spazi: si spegne la prima “merce” esportata dall’isola, la prima voce della libertà emersa dal marasma della guerra… I partiti che allora si erano già riorganizzati e che inserivano nei loro programmi l’autonomia della Sardegna, non vollero difendere l’autonomia di Radio Sardegna per sostanziale incomprensione delle caratteristiche delle funzioni  e degli scopi del mezzo radiofonico: i politici sardi trascurarono la radio come se non fosse possibile altro uso che il puro intrattenimento d’evasione e la propaganda ideologica sullo stile di quella fascista degli Anni Trenta.

 

Il boom radiofonico

Per ritrovare il primo dichiarato e palese interesse del mondo politico sardo alla radio e ai mezzi di comunicazione di massa bisogna attendere il 1960. In quell’anno alcuni studi dettagliati compiuti della RAI rivelano l’esistenza di famiglie di italiani che praticamente ignorano l’esistenza dell’apparecchio radiofonico. Grosse sacche vengono isolate in varie zone della Sardegna. 

La Rai individua uno per uno i paesi su cui intervenire ed elabora un piano che tiene conto delle caratteristiche, delle tradizioni e delle categorie sociali dei singoli centri. Nel 1961 arriva in Sardegna una “radio squadra” forte di numerosi tecnici specializzati, abili organizzatori, uomini di spettacolo, cantanti e musicisti con l’obiettivo di toccare ogn ipaese individuato in un contorto giro di 2.512 km. In ogni paese viene realizzato uno spettacolo, trasmesso per radio in diretta, con interviste ai sindaco, agli amministratori e alla popolazione… Con lo slogan “la radio è necessaria” e “la radio in ogni casa” è donata una radio ad ogni comune visitato.. Il numero degli abbonati e dei possessori di apparecchi radio sale bruscamente: l’invasione delle radioline portatili giapponesi trova un terreno già fertilizzato ed assimila la Sardegna alle altre zone a maggior diffusione dei mass-media.

 

Televisione di Stato e Tv “libere”

Ripetitori della Rai sul monte Limbara (Tempio)

Nel 1954 intanto iniziano in Italia le trasmissione televisive. Per la particolare posizione geografica Macomer, Porto Torres e La Maddalena ricevono i segnali televisivi in anteprima…  L’inaugurazione ufficiale delle teletrasmissioni avviene il 14 aprile 1957 con l’apertura dit re centri: Limbara (m. 1363), Serpeddi (m. 1069) e Badde Urbara (m. 1050).

Nel 1978 l’isola è già tra le prime regioni meridionali per la diffusione degli abbonamenti TV.

Il 18 giugno 1975 una piccola stazione privata denominata “Radiolina”, inizia a trasmettere nella città di Cagliari. Poco dopo, il 4 settembre, una piccola stazione televisiva “Videolina”, sempre a Cagliari, inizia le proprie trasmissioni. E’ l’inizio di una nuova fase nel mondo radio-televisivo: l’epoca delle Tv e radio “libere” cui la Sardegna partecipa in prima persona. Le televisioni libere diventano dodici e le radio proliferano con una vita tumultuosa che le porta a nascere, morire e rinascere con estrema rapidità sino a raggiungere la cifra di 90 stazioni…

 

Il decentramento

Il grande dibattito sul decentramento radiotelevisivo ha intanto portato alla legge di riforma della Rai, la legge 103 del 14 aprile 1975: l’articolo 45 assegna in esclusiva allo Stato tutti i servizi di telecomunicazione ad eccezione degli impianti locali di diffusione sonora e televisiva via cavo e degli impianti ripetitori privati di programmi sonoro e televisivi esteri e nazionali…Intanto gli effetti del dibattito su decentramento arrivano in Sardegna con due interventi che modificano profondamente l’attività della RAI. 

Nel novembre 1976 le trasmissioni regionali radiofoniche vengono portate a oltre tre ore al giorno da prodursi interamente in regione e con mezzi propri, mentre il 15 dicembre 1979, proprio con una diretta dalla Sardegna, iniziano le trasmissioni della Terza Rete televisiva che ha tra i suoi compiti istituzionali quello di avviare sperimentalmente la produzione di programmi televisivi con nuovi mezzi elettronici in Sardegna. 

 

Le nuove tecnologie e il “villaggio televisivo”

Così anche in Sardegna iniziano a verificarsi le nuove tendenze del grande villaggio televisivo che raggruppa tutti i paesi industrializzati: la principale di queste tendenze è la sempre crescente richiesta di programmi televisivi e soprattutto la diversificazione della domanda, per cui uno stesso spettatore nella stessa giornata si sintonizza su programmi diversi… Di fronte alla nuove sconvolgenti tecnologie annunciate dagli anni Ottanta, la Sardegna cerca un suo ruolo, una capacità di emissione di messaggi e di prodotti culturali che risolva il suo bisogno di rompere costantemente l’isolamento e favorisca lo sviluppo di nuove comunicazioni.

Chi è

Roberto Olla, cagliaritano, si trasferisce a Milano dove si laurea con lode alla facoltà di filosofia dell’ Università Statale. Entrato in Rai come vincitore di concorso nel 1978, si specializza nella realizzazione di inchieste, di documentari storici e di dirette televisive in occasione di ricorrenze storiche. È stato un giornalista del  TG1, caporedattore responsabile della rubrica TG1 Storia e della rubrica TG1 Dialogo. Ha realizzato i primi documentari in 3D italiani trasmessi dalla Rai. Attualmente lavora per le reti Mediaset e in particolare per il TG5 dove cura la rubrica La Storia.

Autore di diversi libri, ha ricevuto il Premio Acqui Storia 2020 per la storia in tv, il Premio Flaiano (2002), il Premio Internazionale di Letteratura Il Molinello (2001), il Premio Saint-Vincent per il giornalismo (1997), il Premio Ilaria Alpi, il Premio giornalistico Hrant Dink per la libertà d’informazione, l’Oscar Tv Speciale per il 50° della Tv col documentario “Auschwitz e la cioccolata”, il Premio Tarquinia Cardarelli, il premio Disfida di Barletta (1997), il Premio Capo D’Orlando (2009), il Premio Leonardo città di Salerno (2010).

Nel PDF la Bibliografia e filmografia di Roberto Olla.

Inoltre è stato presidente a Ginevra dell’IAG (Interdisciplinary Archives Group), organismo dell’Unione europea di radiodiffusione e agenzia di collegamento tra gli archivi radiotelevisivi europei. È stato membro del comitato scientifico del Museo della Shoah di Roma e del comitato scientifico della mostra sulle Foibe al Vittoriano.

 

Le fonti del saggio

Fonti:

Enciclopedia La Sardegna, edizioni Della Torre 

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