Pubblichiamo di seguito la prima parte dell’ampio saggio che illustra i contenuti del catalogo e analizza la nascita e lo sviluppo della stampa in Sardegna. In queste righe si evidenzia il ruolo fondamentale del sistema bibliotecario della Sardegna per salvare e valorizzare il patrimonio della stampa sarda che, come si vede solo sfogliando il catalogo, nell’Ottocento è stato particolarmente ricco di tantissime iniziative editoriali di ogni genere. Partendo dal catalogo si può avere un’idea complessiva di ciò che è conservato e disponibile per la consultazione nelle biblioteche dell’Isola, e si possono cercare i titoli per cui accedere poi alle singole testate.
Il lavoro di ricerca, studio e pubblicazione della professoressa Laura Pisano è vastissimo e di grande interesse per chi si avvicina a questa materia. Per oltre trent’anni ha insegnato nell’Università di Cagliari operando in sintonia con i colleghi dell’Ateneo sassarese e con gli archivisti del sistema bibliotecario regionale.
La lettura completa del saggio cartaceo o col Pdf consente di avere un quadro complessivo della stampa dell’epoca (il link del post).
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A proposito di biblioteche sarde e cataloghi storici
di Laura Pisano
Il catalogo che è sotto i nostri occhi ha qualcosa di molto particolare: esso è non solo un viaggio emozionante attraverso una delle più ricche raccolte di giornali di provincia dell’Ottocento, un percorso meticoloso alle radici delle manifestazioni di italianità della Sardegna e al tempo stesso delle sue prime rivendicazioni di autonomia politica e amministrativa. Esso è anche un viaggio nelle biblioteche sarde che, a dispetto delle innumerevoli insidie tese nel tempo al libro e al periodico, a dispetto dei giudizi fin dall’Ottocento denuncianti l’incuria e il disordine, l’abbandono e l’ignoranza che sembravano condannare quei monumenti del sapere a una sorta di definitiva emarginazione, se non addirittura distruzione, hanno conservato quasi al completo, tranne poche e poco significative lacune, le collezioni di quella singolare espressione di civiltà che fu la stampa sarda dell’Ottocento.
Possiamo ancora oggi ritrovare, con ammirazione e stupore ed anche un pizzico di orgoglio, le tante collezioni dei fragili, leggeri fogli di vita e di comunicazione quotidiana che la Sardegna produsse in quantità eccezionale, sospinta dalla richiesta di affermazione civica delle sue popolazioni, che finalmente intendevano porre pubblicamente il problema del loro riconoscimento all’interno del Regno di Sardegna ed infine del Regno d’Italia.
Le biblioteche sarde che raccolsero e protessero nel tempo queste pur fragili collezioni, evidentemente non ne disconobbero mai l’importanza, il valore e il significato, se riuscirono a superare le difficoltà congiunturali della conservazione dei documenti che via via nel tempo sopraggiunsero (basti ricordare i bombardamenti aerei del 1943 su Cagliari, Alghero e altri centri della Sardegna; o le vertiginose riduzioni dei finanziamenti ministeriali alle biblioteche in vari momenti della loro vita; o le insidie, sempre in agguato, degli agenti naturali nemici dei libri e dei giornali: i fattori inquinanti, i parassiti, la polvere ecc.) senza rinunciare peraltro a “curare” i giornali, provvedendo al loro restauro con risultati eccellenti, e valorizzando in tal modo anche il lavoro di esperti qualificati.
L’opera meritoria del sistema bibliotecario della Sardegna
Dunque, dedicare le nostra attenzione ai giornali sardi dell’Ottocento richiede innanzitutto un doveroso riconoscimento del funzionamento di una parte di quello che oggi chiamiamo “sistema bibliotecario della Sardegna”. Fu la lungimiranza dei direttori delle biblioteche a spingerli a sottoscrivere gli abbonamenti, ad acquisire le collezioni dei quotidiani, settimanali, mensili sardi che allora si pubblicavano, ed a conservarli accuratamente, anche se, talvolta, in raccolte giunteci frammentarie e lacunose. Ma non bisogna dimenticare che, al di là delle biblioteche sarde, anche altre biblioteche italiane contengono collezioni interessanti, o numeri sparsi, dei giornali sardi, poiché. a partire da Firenze capitale (1865) e poi con Roma capitale (1871), per diritto di stampa giunsero nella Biblioteca Nazionale di Firenze e poi nella Biblioteca Nazionale di Roma alcune collezioni di periodici sardi: il Catalogo dei giornali sardi dal 1900 al 1940 (Fois, Pilia, 1976) censì infatti le collezioni sarde presenti in quelle biblioteche, dimostrando che si tratta di un patrimonio storico per nulla trascurabile e che esso risale anche agli anni precedenti il ‘900.
Tuttavia, prima ancora di catalogare il patrimonio “sardo” custodito fuori dell’isola, dobbiamo evidentemente preoccuparci di conoscere e censire quello che nell’isola possediamo. Ecco perché la scelta, che sta alla base di questo catalogo, di limitare alle biblioteche sarde il lavoro di censimento, mi sembra ampiamente fondata, e necessariamente preliminare a più estese ricerche.
Tanto più che persino le collezioni dei periodici stranieri custodite dalle biblioteche sarde sono state oggetto della pubblicazione di un catalogo, che ha sottoposto al giudizio dei lettori questioni importanti relative al collegamento della Sardegna e delle sue due Università con la cultura europea dal ‘700 a metà del ‘900 (Pisano, 1996). E così quel catalogo e questo, costituiscono una tappa obbligata della conoscenza di quanto possiedono le biblioteche sarde, ed integrano l’un l’altro le reciproche informazioni.
Verso un catalogo nazionale del giornalismo
L’interrogativo che tuttavia sorge, ancora una volta, è un altro, più volte sollevato da autorevoli organismi preposti alla gestione dei beni librari in Italia: e cioé la necessità di cooperare non solo per la realizzazione di un catalogo collettivo generale del giornalismo italiano, ma soprattutto per l’unificazione delle collezioni complete dei giornali italiani in una grande emeroteca nazionale. Si tratta purtroppo di progetti sempre rinviati, ai quali tuttavia può essere di grande aiuto la diffusione delle nuove tecnologie: non è infatti assolutamente da sottovalutare l’ipotesi della immissione in rete, progressivamente, non solo dei cataloghi ma delle collezioni stesse, che in parte alcune biblioteche hanno già trasferito o stanno trasferendo su CD ROM (a partire dalla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano). Ecco dunque che assume sempre nuovo significato, a spiegare l’utilità del catalogo storico, un dato nuovo della conservazione archivistico – bibliotecaria in Italia: da un lato l’uso delle nuove tecnologie informatiche, che hanno stabilito un primo e fondamentale contatto del computer con la ricerca storica proprio attraverso l’immissione in rete di cataloghi (e con la promessa dell’immissione delle stesse fonti), dunque di un censimento sistematico di archivi e biblioteche (Soldani, Tomassini, 1996; Vitali, 2004); dall’altro lato la necessità, sempre avvertita, di accertare, e al tempo stesso estendere il più possibile, la conoscenza del patrimonio culturale italiano.
Lavoro questo di straordinaria e fondamentale importanza in un’epoca come la nostra, in cui il documento cartaceo, non solo, ma tutto il complesso dei nostri beni culturali e artistici, sembra esposto al rischio del deterioramento, dell’usura e della distruzione come in passato, sia pure per cause differenti e finora imprevedibili.
Per queste ragioni, e forse dietro l’impulso di questo stato di cose, il lavoro di censimento e catalogazione del documento storico è oggetto attualmente di una riscoperta e persino di una nuova attenzione e preoccupazione da parte delle istituzioni, cos. come da parte di un pubblico più vasto. Il catalogo, infatti, è lo strumento capace di far “uscire” la ricerca storica dalle nicchie esclusive e dalle corporazioni professionali degli storici; di proporre il documento, il reperto, il manufatto ecc. al lettore; di “conservare” il documento registrato e “radiografarlo”, scongiurandone il deterioramento e la distruzione e favorendone le riproduzioni e i duplicati. Dunque, il catalogo come strumento che si coniuga perfettamente con i tempi mutati che viviamo e favorisce l’accesso generalizzato all’informazione, alla cultura, al testo.
Ma vediamo che cosa è in grado di rivelarci questo catalogo dei giornali sardi dell’Ottocento e quali riflessi può avere la sua pubblicazione sul modo stesso di studiarli. La schedatura “personalizzata” di ogni giornale che esso rende possibile, consente l’analisi di una serie di elementi che la storiografia sul giornalismo sardo ha sempre trascurato, o che ha avuto grande difficoltà a realizzare. In primo luogo ne consegue una lettura critica della struttura espositiva dei giornali, accompagnata da un’analisi attenta della titolazione, talvolta anche delle scelte d’impaginazione, che permettono di tracciare un quadro più ampio dell’incidenza del messaggio giornalistico e dei modi in cui le forze sociali e politiche esercitavano la loro influenza ideologica sulla società e sulla cultura sarda.
In secondo luogo, la schedatura permette di analizzare con chiarezza la portata della crescita dell’impresa giornalistica, consentendo un’analisi estesa e differenziata, quando possibile, dell’organizzazione aziendale e redazionale, della divisione dei ruoli e delle varie funzioni del personale impiegato.
In terzo luogo, favorisce un approfondimento, maggiore di quanto sia stato fatto da tanti studi sul giornalismo sardo, del rapporto tra impresa pubblicitaria e impresa giornalistica, perché agli spazi pubblicitari dei giornali le schede dedicano molta attenzione. Inoltre consente un’analisi ravvicinata della stampa politica esaminata non pi., non solo, per linee principali di sviluppo, ma nel suo concreto operare. Una analisi, soprattutto nel caso della stampa di opposizione, della evoluzione e delle caratteristiche del linguaggio giornalistico.
Infine, il grande rilievo che il catalogo attribuisce a tutti i giornali, anche ai fogli di brevissima durata, consente di dedicare la dovuta attenzione alle voci “minori”, e quindi può persino permetterci di ridisegnare il panorama stesso del giornalismo sardo “di contorno”, per esempio dei fogli specialistici degli interessi economici, medici, farmacologi, degli studi di giurisprudenza. Ma non solo: . anche il giornalismo “ideologico” a ricevere nuove opportunità di analisi da questo catalogo, perch. nuova attenzione e nuova luce viene ad illuminare molti giornali fino ad ora apparsi poco significativi: per esempio, i giornali delle comunità religiose non cattoliche, di quelle evangeliche, dei circoli massonici ecc.; ed anche la stampa satirica e umoristica.
Questi nuovi e non secondari apporti, possono condurre ad una conclusione: che forse individuare nello stretto legame con i circoli politici ed elettorali dell’Isola e con le loro clientele la caratteristica precipua del giornalismo sardo dell’Ottocento, non è più sufficiente a trovare una spiegazione del successo e della grande espansione di questo fenomeno culturale.
Perché, se questo spiega come i giornali sardi, a differenza di quelli del Continente, mantennero più a lungo e con maggiore evidenza la fisionomia dell’ottocentesco foglio d’opinione, tardando ad assumere la moderna veste dell’organo di informazione, tuttavia è anche vero che il giornalismo sardo fu presto espressione di un ceto imprenditoriale molto proteso verso la modernità e il cambiamento.
Dunque allo sviluppo economico ed ai suoi riflessi sulla vita sociale si può riconoscere l’impulso principale che viene alla stampa sarda e la sua capacità di mettere in moto sia fenomenidi aggregazione sociale, sia “l’immaginazione culturale” che ne deriva. Si può perciò dire che uno strumento di indagine e di conoscenza come questo catalogo può davvero portare molte novità nell’atteggiamento dello storico sul passato culturale della Sardegna.
Questo lavoro allora consente di capire in quali direzioni si è mossa fino ad oggi la storiografia sul giornalismo sardo dell’Ottocento, e quali nuove prospettive possono aprirsi invece per le analisi e le ricerche future.
Chi è l’autrice
Laura Pisano (1948), Professore Ordinario di Storia del giornalismo nella Facoltà di Studi Umanistici dell’Università di Cagliari, è in quiescenza dal 2016. Dal 1997 al 2004 è stata componente del Consiglio Nazionale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in qualità di Consigliera per il Comitato di Settore dei Beni librari. Dal 2002 al 2008 è stata Presidente del Corso di Laurea in Lingue e Comunicazione e del Corso di Laurea specialistica Lingue e Linguaggi per la comunicazione multimediale e il giornalismo, dove ha tenuto gli insegnamenti di Storia del Giornalismo e di Storia del Giornalismo internazionale. Ha inoltre impartito gli insegnamenti di Storia della Francia Contemporanea e di Storia Contemporanea dal 2000 al 2006. Dal 1998 aderisce alla Société Internationale des Historiens de la Méditerranée (SIHMED) ed è membro dell’Istituto di Studi e Programmi per il Mediterraneo (ISPROM), Cagliari, rivolto allo studio delle radici culturali dei popoli del Mediterraneo ed alle forme di cooperazione tra i popoli. Ha collaborato con la Fondazione Giuseppe Dessì (Villacidro-Cagliari) per l’organizzazione di iniziative culturali attinenti al parco storico-culturale Giuseppe Dessì; con le riviste “Accademie e Biblioteche d’Italia” (Roma), “Esperienze letterarie” (Roma), “Incontri. Rivista europea di studi italiani” (Amsterdam), “Nuova Antologia” (Firenze), “NAE” (Cagliari). Mantiene numerosi incarichi con università francesi. Dal 2014 collabora con la Fondation Maison des Sciences de l’Homme di Parigi, dalla quale è stata invitata in qualità di visiting professor e nel cui ambito svolge una ricerca sulle associazioni femminili e le loro strategie comunicative nel sud mediterraneo.
Bibliografia di Laura Pisano
Nell’allegato la biografia di monografie, saggi e articoli: IL PDF