Alberto Aime, maestro di vita e di giornalismo

Il ricordo della figlia Cristiana, caposervizio della Rai

A un mese dalla scomparsa di Alberto Aime, pubblichiamo il commosso ricordo della figlia Cristiana, attuale caposervizio nella sede Rai Regione di Cagliari. Cristiana, prendendo spunto dal mio articolo pubblicato su questo sito, riprende la figura di Alberto che ha attraversato mezzo secolo di giornalismo sardo.

 

Il 9 gennaio Abbiamo celebrato la Messa per il trigesimo nella nostra Parrocchia del Carmine che papà in realtà non amava molto per via delle campane, anacronistiche e troppo rumorose, diceva appena attaccavano… Ogni cosa nel quartiere che lui tanto ha amato, ma in qualche caso anche criticato, da buon cronista sino all’ultimo, mi ricorda una sua citazione, una osservazione sagace sui cambiamenti e le scelte dei vari amministratori comunali, non sempre attenti alle esigenze degli abitanti e dei commercianti “stampacini” che lui, nei suoi giri quotidiani, ascoltava sempre con attenzione.

A 86 anni continuava a darmi lezioni su come si deve fare il giornalista, quello vero, di frontiera, per strada,  al fianco e al servizio della gente. E devo dirti che è stato commovente sentire il sincero cordoglio di tante persone “comuni” della zona. Tutti ne hanno ricordato le doti e le qualità che anche tu, Carlo, hai ben descritto e tracciato nel tuo ricordo. Perché papà era così come lo si vedeva, a casa, come sul lavoro, con familiari, amici, colleghi e semplici conoscenti: una persona dalla cultura straordinaria, ma al tempo stesso semplice, affabile, sincera, leale, disponibile con tutti e per tutti, con quella ironia sapiente che gli derivava anche da una gioventù di sofferenze e difficoltà (i bombardamenti, la guerra, la perdita del padre ufficiale disperso in mare, il collegio con altri orfani, la fame… quante volte raccontava tutte le sue esperienze ai nipoti che lo ascoltavano increduli) che gli consentiva di ridimensionare i problemi quotidiani e, al tempo stesso, di avere grande sensibilità verso chi ancora oggi deve combattere con miseria e  povertà.

Alberto Aime durante una premiazione

Il dolore non solo non è passato, ma per ora si acuisce ogni giorno di più, man mano che sento e sentiamo la sua mancanza nella quotidianità. Per me poi, oltre che un padre e un nonno dolce e affettuoso con i miei figli, è stato anche un collega e quindi un punto di riferimento a 360 gradi nella mia vita, capace di darmi preziosi suggerimenti dal punto di vista professionale, ma anche umano per come districarmi e difendermi nella giungla in cui spesso ci si trova nel nostro ambiente.

Se n’è andato col suo stile, in punta di piedi, senza disturbare, con la sua dignità e autonomia, col corpo che iniziava a mostrare i segni di una vita vissuta intensamente, ma con una mente lucida e una memoria davvero invidiabile.

Il giorno del funerale abbiamo invitato don Mario Cugusi che oltre a ricordare papà seduto nei primi banchi di S.Eulalia, quando lui fresco di studi teologici, offriva spunti di riflessione sotto il suo sguardo attento e indagatore, ha fatto un appello ai tanti giornalisti presenti perché conservino sempre quella libertà e autonomia di giudizio e di pensiero necessari per svolgere appieno una missione e un servizio, quello che dovrebbe essere la nostra professione e quello in cui papà ha sempre creduto.

Ricevere tante manifestazioni di stima e affetto da parte di colleghi di diverse generazioni è per noi di conforto; i bei ricordi possono contribuire a lenire il grande dolore e colmare in parte il grande vuoto che ha lasciato.

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