Tuttoquotidiano, due anni di battaglie

La sfida di un terzo giornale nell'Isola

Agli inizi degli anni Settanta l’informazione in Sardegna è saldamente nelle mani di Nino Rovelli che ha acquistato La Nuova e L’Unione. A riguardo si vedano i post di questo sito sulla storia dei due giornali e i saggi che affrontano il processo di industrializzazione culminato nella “guerra” della petrolchimica.

In questo contesto si apre lo spazio per alcune voci dissenzienti che cercano di fare breccia nella cortina di silenzio, omissioni e informazione di regime imposta dalla proprietà di Rovelli. Ed ecco il 12 luglio del 1974 nascere a Cagliari il terzo giornale, Tuttoquotidiano, per iniziativa di un gruppo di imprenditori sardi. Direttore Pier Carlo Carta, ex corrispondente de Il Giornale d’Italia, che crea una robusta redazione con i giornalisti dissidenti usciti da La Nuova e alcuni, tra cui validi collaboratori e corrispondenti locali, che hanno lasciato L’Unione per la nuova sfida imprenditoriale. In redazione anche una pattuglia di giornalisti esperti arrivati da Roma, come il capo dello sport Giuseppe Melillo.

La sede di Elmas, moderne tecnologie e il colore

Tuttoquotidiano è una novità assoluta: redazione e tecnologie modernissime, nella fiammante sede vicino all’aeroporto di Elmas (oggi nel capannone c’è la “Metro”, un centro commerciale all’ingrosso), usa la fotocomposizione (cioè utilizza il computer per trasferire i testi sulla carta fotografica che sostituiva le righe e le colonne di piombo). Stampa con rotativa offset che garantisce una qualità superiore e soprattutto consente l’utilizzo del colore, la vera novità grafica che colpisce i lettori. È l’arrivo in Sardegna del sistema a freddo che utilizza i primi computer, mentre all’Unione i giornalisti lavorano ancora con le vecchie Olivetti 22.

In quello stesso edificio di Elmas, dove c’erano la redazione e la rotativa di Tuttoquotidiano, i tecnici della tipografia lavorano con forbici e taglierino sui banchi luminosi e vestono il camice bianco, mentre i due storici quotidiani continuano ad usare il tradizionale sistema a caldo: macchina da scrivere, linotype per comporre i testi su linee di piombo, usa le lastre di zinco per la riproduzione della pagina e le selle di piombo per stampare. Un sistema complesso che impiega più tipografi che giornalisti e necessita di un lungo processo lavorativo: il giornale si chiude verso l’una del mattino e va in stampa alle due-due e mezza. Monumento dell’epoca i due esemplari di linotype salvati come pezzi da museo e conservati uno in un padiglione della Fiera di Cagliari e l’altro all’ingresso del nuovo centro stampa de L’Unione vicino all’aeroporto di Elmas.

La tecnologia a freddo che si sta diffondendo in tutta Italia aiuta notevolmente il lancio del nuovo giornale che può pubblicare anche foto a colori e soprattutto si può permettere la ristampa anche a tarda notte grazie alla rapidità del sistema. In pochi mesi raggiunge le 25 mila copie, minando per la prima volta il primato assoluto dell’Unione sulla piazza cagliaritana. È fatto bene, notizie gridate, molto sport e spettacoli, scelte politiche di centrodestra ma una linea sostanzialmente di rottura con quella sinora dettata dal duopolio Unione-Nuova.

Tuttoquotidiano – come osserva nel suo studio per l’università di Cagliari il ricercatore Andrea Corda – apportò innovazioni grafiche considerevoli, oltre l’utilizzo del colore, anticipando alcune tendenze dell’editoria moderna: la prima pagina appariva come una vera copertina, una “vetrina” composta con i richiami che rimandavano agli articoli all’interno; usa l’alternanza di caratteri neri e forti o neri con grigi e corsivi, mentre adotta corpi molto grandi nei titoli delle cronache e titoloni cubitali per la Prima pagina e lo sport. Grazie alla qualità tecnica dell’offset e al colore utilizza ampiamente l’elemento fotografico, usando anche lo “scontornato” (le foto ritagliate) impossibile per il tipo di stampa dei vecchi giornali.

La novità è anche nella struttura della foliazione, così come Il Giorno di Milano che già nel 1956 aveva portato indietro la Terza Pagina culturale, rompendo con la tradizione delle storiche testate milanesi e romane. Tuttoquotidiano è diviso in due parti: la foliazione esterna dedicata ai fatti nazionali, esteri, alla cultura e allo sport che ebbe un larghissimo spazio, il corpo centrale alle cronache locali. Un primo esperimento di “due giornali in uno”, che verrà ripreso nel tempo da molti quotidiani locali e nazionali.

Tuttoquotidiano è aggressivo, spregiudicato e non mancano gli scivoloni giornalistici o i falsi scoop (come gli Ufo a Pula), ma il giornale piace e preoccupa la redazione di viale Regina Elena che cerca di correre ai ripari. «All’inizio -racconta Rosario Cecaro (2009) che lasciata La Nuova è tra i primi ad arrivare ad Elmas – non si conosceva il nome del proprietario del giornale, si facevano solo supposizioni: l’apparente disponibilità di risorse economiche faceva supporre che vi fosse dietro un importante finanziatore e si faceva il nome di Montedison che non confermava, ma neppure smentiva. La linea politico-editoriale non aiutava a scoprire la realtà».

Andrea Corda, nel ricostruire le vicende di Tuttoquotidiano, concentra il suo saggio sull’aspetto amministrativo andando a spulciarsi minuziosamente atti costitutivi, verbali di assemblee e bilanci della “Sedis”, società proprietaria della testata con anonimato azionario. Inoltre raccoglie la testimonianza dell’ex direttore Pier Carlo Carta (intervistato nell’agosto 2012) il quale conferma la presenza di Angelo Moratti nella cordata di imprenditori e professionisti sardi che avevano dato vita al progetto. La partecipazione del fondatore della “Saras Raffinerie” Spa con gli stabilimenti a Sarroch – principale antagonista di Rovelli nel settore petrolchimico nell’isola – si spiega anche con l’amicizia personale con Giuseppe Susini, il quale svolgeva un ruolo gestionale e operativo rilevante all’interno della Saras. Susini in precedenza era stato direttore de L’Unione Sarda e de L’Informatore del lunedì, nonché direttore del CIS (Credito industriale sardo).

I misteri sulla proprietà

Secondo la ricostruzione di Corda, oltre Moratti, la cordata era composta dal medico Paolo Ragazzo, il “re delle cliniche” a Cagliari, Luigi Giuntelli (imprenditore nel settore dell’edilizia), Enrico Rocca (proprietario dell’Hotel Mediterraneo e presidente del Cagliari calcio dal 1960 al 1970).

In realtà, quando la crisi venne a galla, si scoprì che dietro Tuttoquotidiano non c’era alcun importante gruppo disposto a metterci i soldi necessari, ma la famiglia di Ragazzo, cognato dello stesso direttore Pier Carlo Carta, che aprì le casse sino a quando la situazione non divenne un pozzo senza fine, trascinando la società al fallimento. Il dottor Ragazzo, spinto sempre dall’entusiasmo instancabile di Pier Carlo Carta, anni dopo riproverà una nuova esperienza nel nascente settore delle tv private e commerciali fondando Sardegna 1. Dopo un iniziale successo risulterà anche questa emittente un bagno di soldi e porterà alla cessione all’imprenditore ogliastrino Giorgio Mazzella. Ma questa è un’altra storia che segue le vicende della seconda emittente regionale sarda.

I contrasti politici nella redazione: un giornale con due anime

Riguardo Tuttoquotidiano di concreto c’era il grande entusiasmo di quel gruppo di giornalisti provenienti da esperienze eterogenee e con idee politiche diverse e persino contrastanti (gli ex Nuova erano di sinistra, ma lavoravano fianco a fianco con colleghi arrivati dal Borghese di Roma, settimanale storico della destra, e da Il Giornale d’Italia). A loro si aggiunsero giovani collaboratori e aspiranti professionisti che senza dubbio portarono una ventata di novità. Ancora Cecaro: «Tuttoquotidiano finì con l’avere due anime, una conservatrice nelle pagine nazionali, una progressista e ambientalista nelle pagine sarde, proprio in contrasto con i silenzi e le omissioni dei due quotidiani di Rovelli. Il giornale si fece promotore di una campagna sui rischi d’inquinamento e sui danni provocati dalle industrie petrolchimiche».

La terza e alternativa voce ottenne subito una buona accoglienza in edicola e, seppure con una certa diffidenza tipica dei sardi e dei cagliaritani verso il nuovo, si attirò anche simpatie e consensi politici. «Tuttoquotidiano registrò punte di vendita massime nell’edizione del lunedì (Tutto del Lunedì) in quanto si avvaleva di foto a colori e della competenza e delle idee del capo dello sport Giuseppe Melillo, proveniente dalla direzione del Corriere dello sport», racconta l’ex direttore Carta ad Andrea Corda.

La battaglia con L’Unione Sarda

L’Unione Sarda che si trova il competitor in casa e per la prima volta vede a rischio la sua indiscussa leadership, dopo un primo periodo di sconcerto e spiazzamento, corre ai ripari. In mancanza di tecnologie competitive punta sull’aspetto umano, sulla professionalità dei redattori e il prestigio dei giornalisti più anziani. Aumenta il numero delle pagine, arricchisce le cronache locali, apre le porte a un gruppo di giovani cronisti di valore. La battaglia si fa a tutto campo, L’Unione riesce a mantenere un elemento fondamentale nell’economia di un giornale regionale. Così quando si paventava un possibile sorpasso con Tuttoquotidiano in costante crescita e L’Unione in continuo calo attestato sotto le 50 mila copie, si verifica lo showdown. Nel giro di un anno si decide la partita con la sconfitta bruciante della nuova esperienza editoriale che paga una serie di fattori contingenti: il tradizionalismo e la fedeltà dei lettori cagliaritani, la qualità dell’informazione (anche se il nuovo giornale fotostampato è di gran lunga più moderno e pulito), i mancati e attesi introiti della pubblicità che continua a preferire la vecchia testata. In più una certa megalomania della dirigenza che porta in rosso i bilanci in modo irreversibile.

Dopo appena un anno di vita i costi (altissimi) non coprivano i ricavi delle vendite (buone) e della raccolta pubblicitaria (scarsa). Il risultato fu che la società editrice andò in crisi, cominciò a non pagare più gli stipendi, si accumularono i debiti.

L’inesorabile crisi e l’esperienza della cooperativa

In meno di un biennio si brucia così il sogno di una voce alternativa sul mercato. Di fronte a difficoltà economiche crescenti finisce nelle mani di un discusso imprenditore di Torralba, quel Flavio Carboni che ebbe poi molti guai giudiziari. Nel luglio 1976 la società editrice viene dichiarata fallita e la testata viene affidata dal giudice in autogestione a una cooperativa di giornalisti e poligrafici, appoggiati dal sindacato sardo e nazionale. Presidente della cooperativa è Gian Carlo Pinna Parpaglia, direttore Antonio Pinna. L’estremo tentativo di salvataggio, le richieste di aiuto alla Regione per contributi speciali all’editoria locale, gli appelli ad imprenditori per rilanciare la testata, si perdono per strada. Non basta la volontà e l’entusiasmo di quel manipolo di coraggiosi per la sopravvivenza, a fronte di costi crescenti per la carta e le materie prime. Nonostante la riduzione delle pagine, i sacrifici individuali e dell’intero giornale per gli stipendi, tutti gli sforzi risultano vani. Nel 1978 arriva l’inevitabile chiusura. Diversi giornalisti confluiranno nella nascente Terza rete regionale della Rai, alcuni nelle prime Tv e radio private, altri negli uffici stampa della Regione e di enti pubblici. Tra i giornalisti che hanno dato vita a quella avventura ci sono anche Alberto Pinna, ex Nuova Sardegna e futuro inviato speciale del Corriere della Sera, e Gino Zasso che in seguito diventeranno i preziosi corrispondenti dall’Isola del giornale milanese.

Così si concluse la più interessante esperienza editoriale di quegli anni. Il risultato positivo, visto dal di fuori, è stato che sulla spinta della concorrenza si svegliarono sia L’Unione e che La Nuova, affacciandosi negli anni Ottanta con l’idea di necessari cambiamenti tecnologici e redazionali.

La Nuova, sulla spinta delle iniziative del gruppo Espresso-La Repubblica, si allineerà ai cambiamento in atto nella penisola, mentre L’Unione – tra gli ultimi quotidiani a stampare ancora col piombo nel 1986 – farà il salto dal caldo all’elettronica senza passare per la tecnologia a freddo dell’offset, acquisendo i primi sistemi integrati in Italia. È l’evento dell’era del computer a 360 gradi. Dalla Olivetti 22 direttamente al pc in grado di gestire l’intero processo produttivo del giornale. Il colore e la fotocomposizione di Tuttoquotidiano erano già “archeologia”.

Fonti:

Estratto aggiornato dal volume di Carlo Figari “Dalla linotype al web…” (Cuec, 2014)

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