L’Unità, il cinema e la sua Cagliari

Ricordo di Giuseppe Podda, l’uomo e il giornalista

Libri, incontri e una mostra in Municipio nella primavera del 2012, hanno ricordato e reso omaggio a un “cagliaritano doc” che ha fatto del giornalismo militante e dell’impegno culturale e politico una ragione di vita, una missione che va ben oltre i contorni della professione. Giuseppe Podda (1930-2007) è morto a Cagliari il 25 aprile all’età di 76 anni, in seguito ad un incidente stradale nella zona dell’ospedale Brotzu dove, già da qualche tempo, era in cura per una malattia. Una vita quasi ascetica, totalmente dedicata al lavoro, alla politica e ai suoi interessi intellettuali, a cominciare dal cinema, non si è mai risparmiato continuando a scrivere e a frequentare redazioni e circoli culturali anche quando l’età e la salute non lo assistevano più. Con l’amico fraterno di tante iniziative culturali e politiche, l’on. Francesco Cocco, col quale amava fare lunghe passeggiate sul Terrapieno per andare all’Unione Sarda o alle sedi locali del vecchio Pci, si incontravano molto spesso e discutevano a lungo durante il cammino. Pronto alla battuta sagace e ironica, carattere schivo e persino permaloso, ma generoso e alla fine sempre disponibile per un articolo o un consiglio, tanto da avere un gran numero di amici nonostante la sua dichiarata spigolosità e intransigenza intellettuale.

Oltre i libri e il ricordo di chi ebbe il piacere e la fortuna di conoscerlo e ancor più di frequentarlo, restano gli articoli nelle collezioni dei giornali per cui ha lavorato e collaborato, dai quotidiani alle riviste, e anche le registrazioni di qualche trasmissione radiofonica per Radio Sardegna.

Giuseppe è stato la firma storica dell’Unità nell’Isola e tra i massimi esperti del cinema isolano. È stato, inoltre, collaboratore delle pagine della cultura dell’Unione Sarda. Come detto, cagliaritano verace (era originario dell’antico e popolare quartiere della Marina) per oltre 50 anni Podda è stato esponente di spicco della cultura isolana e e in particolare dei valori della sinistra sarda, con analisi e approfondimenti della vita e delle opere di Antonio Gramsci, Umberto Cardia, Antonio Pigliaru, Renzo Laconi.

La passione per il cinema

Grande appassionato di cinema, ha scritto una trilogia sull’evoluzione del cinema nel capoluogo isolano e ha cominciato la sua attività  giornalistica sul settimanale “Hollywood”.  Per più di 30 anni Giuseppe Podda fu redattore dell’Unità e per 20, prima vicedirettore, e poi direttore di Rinascita sarda. Collaborò anche a “Regione informazione”, la rivista del gruppo consiliare del partito dei Ds-Sinistra federalista sarda. La sua militanza culturale si esprimeva con la partecipazione assidua ai cineforum e in particolare al CUC cittadino (Centro universitario cinematografico), per il quale scriveva approfondite e inedite schede di presentazione dei film, in realtà veri e propri saggi scritti di getto alla vigilia della proiezione o del dibattito. Una miniera inesauribile di informazioni, una memoria di ferro, difficile o quasi impossibile coglierlo in errore; al contrario, spesso era lui che col solito sorriso sornione riprendeva il giornalista colto in fallo su una data o una citazione sbagliata.

Il mio ricordo personale

Chi scrive lo conobbe alla metà degli anni Sessanta, credo verso il 1967 o ’68, anni difficili in cui stava nascendo anche a Cagliari la contestazione. Mi ricordo che ero ancora alle medie o alle prime ginnasiali e che mio padre Vittorio, anch’egli appassionato di cinema, quella calda estate mi portò al “cinemino” Eden sotto i portici di via Roma dove stavano proiettando una rassegna dedicata interamente al grande regista russo Sergej Eisenstein. Quella sera – ricordo benissimo nonostante sia trascorso oltre mezzo secolo –  davano “Ottobre”, sulla rivoluzione bolscevica. C’erano molti intellettuali, la sala angusta e soffocante nonostante il tetto che si poteva aprire piena di fumo (si poteva fumare allora), fuori prima e dopo ci si attardava a chiacchierare e a discutere sul film. Mio padre mi presentò a Giuseppe e quell’incontro di sicuro fu per me l’inizio di un cammino. Già qualche anno dopo, appena entrato all’università, cominciai la collaborazione all’Unione e soprattutto diventai socio attivo del CUC e responsabile del gruppo di Lettere che organizzava i cicli di film sia al cinema Ariston la domenica mattina, sia nell’aula più ampia a pian terreno della facoltà umanistica a Sa Duchessa.

La corazzata Potemkin

Fu proprio l’insegnamento di Giuseppe che mi trasmise una vera passione per il cinema russo e per Eisenstein sul quale organizzammo un ciclo completo in facoltà di Lettere, in quegli anni di contestazione contro tutto e tutti, grazie all’apporto della Società Umanitaria diretta dall’indimenticato Fabio Masala (che ci procurò le pellicole gratuitamente), con la collaborazione dello storico prof. Aldo Accardo e del prof. Antonio Cara che teneva la cattedra di “Storia e critica del cinema” nella contigua facoltà di Magistero. Fu un successo incredibile che replicammo con tutto il cinema di Ingmar Bergman. Molti studenti restarono fuori dall’aula perché poteva ospitare al massimo un centinaio di persone, ma chi poteva immaginare tale inaspettato interesse per certi generi di cinema (il russo militante, lo svedese intimista e psicologico)? Credo la voglia di discutere, di confrontarsi nonostante le nette differenze ideologiche, di parlare di cultura. Credo ancora che da allora, come diceva Giuseppe, difesi a spada tratta la Corazzata Potemkin, un’icona del cinema russo messa alla berlina insieme ai cineforum sessantottini da quel grande attore, scrittore e regista che fu Paolo Villaggio. Con una battuta («la corazzata Potemkin è una cagata pazzesca» che scatenò l’entusiasmo del pubblico del cineforum aziendale e poi influenzò i giudizi di generazioni di cinefili) il rag. Fantozzi distrusse il cinema in bianco e nero dei cineclub. Ma le analisi storiche e tecniche di Giuseppe mi fecero capire l’importanza e la forza di quel film, da lui definito il “miglior film d’azione del secolo scorso” comparabile con i classici western di John Ford.  

I ricordi di quegli anni giovanili mi tornarono preziosi durante la mia attività giornalistica. Giuseppe aveva molti estimatori, ma pochi veri amici all’interno dell’Unione e soprattutto era lui molto critico con i miei colleghi della redazione. Così aveva i suoi canali privilegiati, partendo da Alberto Rodriguez che all’Unione guidò per anni la pagina della Cultura,  il direttore Gianni Filippini e i giornalisti dichiaratamente di sinistra Giancarlo Ghirra e Maria Paola Masala, e negli ultimi tempi anche con me. Spesso ci incontravamo in Terrapieno insieme a Francesco Cocco. Forse il ricordo di quel ragazzino che stava incominciando ad amare il cinema d’autore, la collaborazione al CUC, la simpatia che aveva per mio padre e la mia famiglia, in particolare per mio nonno Renato che fu compagno di classe di Gramsci al liceo Dettori e che a Giuseppe raccontò particolari inediti sugli anni giovanili a Cagliari del grande pensatore di Ghilarza, e poi i contatti per gli articoli all’Unione, avevano cementato una relazione non dico di amicizia, ma di reciproca stima e affetto.   

Così lo ricordo e associo la sua figura ad una stagione irripetibile per le future generazioni che non hanno avuto e difficilmente avranno la fortuna di crescere seguendo l’esempio, i consigli e anche le critiche di autentici “maestri”.

 

Il ricordo del nipote Attilio Gatto

A proposito di ricordi legati in particolare alla passione di Giuseppe per il cinema, il nipote Attilio Gatto ha scritto un blog per Il Risveglio della Sardegnail link dell’articolo ) in cui traccia il ritratto dello zio che fece anche da maestro di giornalismo chiamandolo a collaborare con lui all’Unità e gli trasmise la passione per il cinema, il teatro, l’impegno politico. Gatto, dopo l’esperienza all’Unità, passò a Paese Sera diretto all’epoca dal grande giornalista, scrittore e politico sardo Giuseppe Fiori. In seguito, entrò in Rai nella sede di Cagliari, dove ha trascorso la carriera sino alla pensione. Sottolineando l’amore dello zio Giuseppe per la sua città, si sofferma sul cinema citando i personaggi cagliaritani che diventarono famosi, quali Nanni Loy e Amedeo Buffa, in arte Nazzari, il “bello” degli anni 40/50. «Nanni Loy e Giuseppe Podda – scrive Gatto –  amavano Cagliari, la sua vitalità, dai bastioni di Castello alle discese della Marina, la sua volontà di rialzarsi e guardare avanti dopo la dittatura. Nel dopoguerra – la città affamata, distrutta – i cagliaritani si rimboccarono le maniche per ricostruirla: sullo sfondo la bellezza della “spiaggia quasi africana” di Giaime Pintor e, nel ricordo del fratello Luigi, “il suo vecchio quartiere arrampicato nella roccia”. Ma anche il buio della sala, il sogno impersonato dal cagliaritano Amedeo Bua, che diventò un mito col nome della madre, Nazzari».

La mostra in Municipio

Giustamente, a cinque anni dalla sua scomparsa, il Comune di Cagliari ha organizza una mostra fotografica nello spazio SEARCH di via Roma sotto il Municipio, per ricordare questa forte personalità che ha documentato con il suo operato la vita quotidiana, sociale e politica della città e degli abitanti dell’isola da lui tanto amata. Dal 30 aprile sino al 6 maggio 2012 si è svolta la mostra “La città che non muore” durante la quale sono state esposte le opere fotografiche di Giuseppe Podda composte da un archivio di fotogrammi personali del giornalista sardo. L’inaugurazione è stata seguita da un Reading musicale “Quattro passi in una piccola città” e da una presentazione della nuova edizione del volume di Podda “Piccola città. Uomini e storie di Cagliari e dintorni”.

I suoi libri

Grazie alla casa editrice Aipsa che ha sempre creduto nel valore di Podda e delle sue opere, oltre al volume postumo (“Ritratti di un giornalista integrale”) di cui abbiamo ampiamente parlato in un altro post di questo sito, sono stati pubblicati tre volumi dedicati al cinema a Cagliari e un quarto sulla città e i suoi personaggi.

Cagliari al cinema vol. 1

Storie e ricordi del cinema a Cagliari dalle origini alla Seconda Guerra Mondiale. (1997)

Storie di cinema e storie di Cagliari: i locali, i personaggi, i divi, la guerra, la ricostruzione post-bellica, la contestazione giovanile e politica visti dal più attento e lucido “spettatore” cagliaritano del dopoguerra. 

Cagliari al cinema vol. 2

Dal Dopoguerra al Sessantotto. (1998)

Storie di cinema e storie di Cagliari: i locali, i personaggi, i divi, la guerra, la ricostruzione post-bellica, la contestazione giovanile e politica visti dal più attento e lucido “spettatore” cagliaritano del dopoguerra.

Cagliari al cinema vol. 3

Il Novecento, secolo del cinema. Storie, divi, registi di ieri e di oggi. (2004)

Storie di cinema e storie di Cagliari: i locali, i personaggi, i divi, la guerra, la ricostruzione post-bellica, la contestazione giovanile e politica visti dal più attento e lucido “spettatore” cagliaritano del dopoguerra.

Piccola città 

Uomini e storie di Cagliari e dintorni. (2000)

“La Cagliari di un tempo, con le sue donne energicamente protese a tirar su unu carrasciu de fillusu, oggi ci appare molto lontana, ma se volgiamo lo sguardo verso le desolate periferie, sotto sotto sembra, per certi versi, continuare ancora”. Uomini, donne, bambini e anziani, personaggi di ogni estrazione e cultura, soprattutto popolare, sono i protagonisti di queste pagine in cui l’autore usa il dialetto cagliaritano come  prezioso patrimonio linguistico e comunicativo di un mondo che va scomparendo.

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