I quotidiani nell’Isola: dall’Ottocento agli anni Novanta
Non si può parlare di giornalismo per le prime esperienze editoriali nell’Isola, alla fine del Settecento e ancor più avanti sino alla metà dell’Ottocento: il termine più appropriato è pubblicismo, una forma di scrittura soprattutto politico-culturale e anche filosofica-religiosa diretta alle élite dell’epoca, in una terra – non diversamente ma più profondamente dal resto della penisola – dove l’analfabetismo superava il 90 per cento della popolazione e raggiungeva il cento per cento nelle campagne. La scolarizzazione era esclusiva delle classi borghesi e cittadine che potevano mandare i figli a studiare presso gli istituti cattolici, nelle poche scuole e nei due atenei di Cagliari e Sassari. I più fortunati potevano studiare in Francia, più avanti a Torino e a Genova. In questo contesto nascono i primi Fogli, semplici Gazzette di due pagine con uscita periodica, di scarsa diffusione e stampati a fatica con la tecnica dei caratteri mobili. <<Esperimenti a metà e tra l’esercizio meramente letterario e i primi sparuti accenni di un’informazione sia pure molto sintentica>>, sottolinea la storica Giuseppina Fois (1994).
La piaga dell’analfabetismo
Per capire l’interesse e la limitata diffusione dei giornali dall’Unità d’Italia all’inizio del Novecento basta dare uno sguardo ai dati dei primi censimenti durante il processo di unificazione politica, geografica e culturale. Nel 1861 la Sardegna contava 588.694 abitanti e gli analfabeti rappresentavano il 91,17 per cento della popolazione. Nel 1871 il dato demografico cresce (636.660 abitanti) e comincia il lentissimo processo di scolarizzazione: l’isola è ancora terra di contadini e pastori analfabeti (88,06 per cento). Dieci anni dopo con 632 mila abitanti si contano 564 mila analfabeti (82,62 per cento), dato che cala solo nel 1901 al 72,80 per cento con una popolazione di 791 mila abitanti. Per rendere evidente lo stato di arretratezza della Sardegna basta sottolineare che nello stesso quarantennio la media nazionale scende dal 74,7 per cento al 48,9. Quando si parla di giornali e di quotidiani, dunque, il discorso va ricondotto sempre al periodo storico dei tempi, immaginando un pubblico di lettori composta da un’èlite culturale, sociale e di censo, a fronte di una massa totalmente ignorante ed estranea ai processi di informazione così come li intendiamo in un’ottica moderna.
La diffusione dei quotidiani e la sete di notizie si svilupperà diversamente nei territori nazionale e regionali, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento per poi diventare un nuovo fenomeno culturale e industriale dal primo decennio del Novecento in poi, spinto sempre dagli eventi e dagli interessi della politica, del potere e del dissenso.
Gli esordi
Il primo foglio a carattere divulgativo con aspetto di manifesto e nome di giornale uscì nel periodo sabaudo del Regno di Sardegna nel 1777, intitolato Giornale Enciclopedico. Seguirono nel 1793 quali Il Gazzettino ebdomadario della Sardegna e nel 1795 L’Almanacco Parnasiano, tutti a scopo informativo su questioni per lo più mercantili, militari, agricole, letterarie e cronachistiche. Questi fogli – come sottolinea lo storico Francesco Cesare Casula (2001) – avevano intenti soprattutto divulgativi e didattici.
Il Giornale di Sardegna
Il primo vero giornale, inteso in senso moderno, comparve il 13 agosto del 1795 e durò appena un anno (chiuse il 31 marzo 1796): Il Giornale di Sardegna, organo del movimento angioyano, era un gazzettino a carattere politico, redatto da quattro collaboratori dello stesso Giomaria Angioy e diretto dal teologo Giuseppe Melis Atzeni. Era lo specchio- rileva la Fois – della linea progressista degli Stamenti sardi nel drammatico periodo della rivolta contro i Piemontesi e si faceva portavoce delle nuove rivendicazioni popolari in chiave antifeudale. Il livello tecnico era molto basso, le informazioni si susseguivano senza distinzione nelle colonne della pagina e prive di titolo. Questo primo giornale oscillava tra il modello del manifesto politico e quello dell’ebdomadario (pubblicazione settimanale o periodica), riprendendo un po’ il concetto illuminista dei primi fogli sardi. Il biennio 1795-1796 è ricco di eventi per l’Isola, dopo la cacciata dei Piemontesi e del viceré Vincenzo Balbiano con i moti dell’aprile 1794. Il periodico è dunque l’espressione delle varie voci degli Stamenti, all’interno dei quali emergono forti divisioni ideologiche e di parte per diversi interessi. Dati i tempi ci si aspetta una linea di apertura alle novità, anche perché il direttore Melis e i redattori sono amici di Angioy. Invece adotta una posizione prudente, ignora ogni accenno alle idee diffuse dalla rivoluzione francese e predilige la cronaca, a cominciare dai fatti che sconvolgono l’Isola da nord a sud. L’organo – sottolinea un articolo dell’Almanacco di Cagliari (2006) firmato da Roberto Cuccureddu – dedica spazio ai dissidi tra Sassari e il capoluogo del “Capo di sotto”, cercando di mediare per favorire i contrasti. Informa i suoi lettori circa la politica sarda che ha come fulcro l’Angioy, inviato dal viceré Vivalda con la nomina di alternos a Sassari per sedare la rivolta dei feudatari. Il progetto fallisce e Angioy è costretto a fuggire nel giugno del 1796: ma Il Giornale di Sardegna non fa in tempo a raccontare la cronaca di quel fatto perché il 31 marzo esce col suo ultimo numero. Una breve, ma significativa stagione per gli esordi del giornalismo nell’Isola.
Ci fu poi un vuoto di oltre tre lustri – rileva Casula (2001) – causato dalle conseguenze dei moti antipiemontesi isolani e dagli sconvolgimenti continentali di Napoleone. Proprio contro l’Imperatore fu promosso un secondo esperimento, nel 1812, con Il foglio periodico di Sardegna, finalizzato a una fortissima campagna stampa antifrancese, tanto da far supporre che dietro al direttore non sardo (un certo Adolfo Palmedo) ci fossero finanziamenti inglesi. Tra i suoi collaboratori il giovanissimo algherese Giuseppe Manno, che diventerà un personaggio politico di punta nell’Italia unitaria e uno storico di fama.
Dal 1827 al 1829 il magistrato Stanislao Caboni diede vita ad Il Giornale di Cagliari, abbastanza ben conformato. Ma più evoluto tecnicamente e con profilo di foglio moderno di informazione culturale e politica fu L’Indicatore sardo, diretto dal 1832 al 1836 dall’avvocato Giuseppe Pasella, e tra il 1837-1857 dai fratelli Pietro, Antonio e Michele Martini. Successivamente e fino all’Unità d’Italia il numero e la varietà dei fogli, dei manifesti e dei giornali aumentò nell’Isola in modo notevole, nella sostanza divisi politicamente fra democratici e liberali, laici e cattolici. Non sono quotidiani, ma escono periodicamente o quando possono con il contributo dei promotori, di politici e intellettuali che svolgono anche con passione e una certa professionalità l’attività pubblicistica. Questa molteplicità di testate, nonostante nell’Isola il processo di scolarizzazione di massa sia ancora lento e fatichi a penetrare nelle campagne e nelle zone dell’interno dove il tasso di analfabetismo è spaventosamente alto rispetto al resto d’Italia, dimostra invece una vivacità culturale e una voglia polemista nei principali centri cittadini e nei paesi dove si vanno formando nuove élite sociali ed economiche.
Dopo il 1861 la stampa si arricchì dell’apporto di nuovi periodici regionali: La Giovane Sardegna, il Corriere di Sardegna, La Verità , La Lealtà, L’Operaio cattolico, L’Unione cattolica sino ad arrivare alla fondazione dei primi veri quotidiani.
Quattro periodi della stampa nell’Ottocento
Rosario Cecaro nella sua “Breve storia del giornalismo in Sardegna” (1998) riprendendo gli studi sull’argomento, così inquadra l’evolversi dell’editoria nell’Isola dividendo l’Ottocento in quattro periodi. Nel primo periodo – 1795 / 1848 – in tempi di Restaurazione si pubblicano pochissimi fogli a causa della censura che limita duramente la stampa e la circolazione delle idee.
Nel secondo periodo – 1848/ 1870 – ricco di fermenti risorgimentali, sociali ed economici nascono alcune iniziative editoriale, anche grazie ai miglioramenti tecnologici. Nel 1850 il giovane tipografo Giuseppe Sanna Sanna, originario di Anela, torna nell’Isola dopo aver appreso il mestiere a Torino e impianta una tipografia a Cagliari: qui nasce La Gazzetta Popolare, antipiemontese e anticavouriana. Direttore per un periodo è uno dei pochi garibaldini sardi, Vincenzo Bruscu Onnis, mazziniano, repubblicano e attivista politico, tanto che finirà in carcere. Tra le firme prestigiose e autorevoli Giovanni Battista Tuveri, filosofo e politico, il quale dirigerà poi (tra 1871 e 1876) Il Corriere di Sardegna. La Gazzetta, rilevata dall’imprenditore Luigi Falqui Massidda, prenderà un orientamento moderato e verrà chiusa.
Un centinaio di periodici
Gli anni del terzo periodo (1870/1891) sono caratterizzati dalla diffusione degli istituti di credito (dei dieci autorizzati in Italia al credito agrario, quattro avevano sede nell’Isola) che numerosi falliranno con grandi scandali a sfondo politico -economico. <<In questo ventennio la stampa conosce un autentico boom>>, afferma Cecaro: <<Si pubblicano ben cento periodici, due quotidiani, nove settimanali e quattro mensili>>. Sulla piazza continua ad uscire il Corriere di Sardegna (1864-79) mentre si affaccia un nuovo quotidiano, L’Avvenire di Sardegna, che durerà quasi un ventennio con un taglio e uno spirito davvero moderni.
L’Avvenire di Sardegna
L’evento più rilevante di questo periodo è dunque la fondazione nel capoluogo de L’Avvenire di Sardegna (1871-1893) a opera di Giovanni De Francesco, ex garibaldino discepolo di De Sanctis. Il giornale, che riflette il movimento politico della Sinistra Giovane, è finanziato dal Credito Agricolo Industriale. Nella redazione lavorano due giovani giornalisti che ritroveremo più avanti: Marcello Vinelli, che guiderà L’Unione Sarda, e Medardo Riccio, futuro direttore anche della Nuova Sardegna.
De Francesco – rileva Cecaro – favorisce la nascita di un settimanale in lingua araba, El Mostakel (L’Informatore) diffuso in Tunisia, redatto e stampato a Cagliari che poi ebbe un epilogo avventuroso con la chiusura per l’intervento di un misterioso agente francese. Il Credito Agricolo Industriale contava forti interessi in Tunisia dove aveva investito ingenti capitali per lo sfruttamento delle miniere.
Nel quarto periodo tra il 1889 e il 1899 i governi attuarono una politica protezionistica con pesanti riflessi economici, soprattutto nel Nord Sardegna, che vide praticamente interrompersi l’intero flusso commerciale tra la Sardegna e la Francia. I commerci cominciarono a indirizzarsi verso la penisola.
Le prime tipografie
L’ultimo decennio dell’Ottocento vede in Sardegna avviarsi i primi processi di industrializzazione, nel settore minerario e nel manifatturiero, migliorano i trasporti e i collegamenti. In questo quadro nascono i primi veri stabilimenti tipografici con macchine di stampa capaci di produrre più velocemente migliaia di copie. A Sassari aprono Chiarella, Dessì e Gallizzi, a Cagliari oltre la storica “Stamperia Reale” il tipografo Antonio Timon si organizza una stamperia in via Spano, angolo via Cima, dove nell’autunno del 1889 usciranno le prime copie de L’Unione Sarda. La tipografia Timon diventa un punto di riferimento di intellettuali e politici, in quell’anno verrà acquistata dall’avvocato Carlo Brundu.
In questo quarto di secolo lo sviluppo tecnico consente anche una migliore impaginazione e impostazione grafica, con titoli e articoli ben separati, disegni e vignette. Cambia in senso moderno la struttura del giornale con articoli principali, rubriche, feuilleton, il varietà e il teatro, notizie spicciole di pubblica utilità (nasce in pratica la cronaca cittadina e regionale), si dà spazio alle informazioni che giungono dalla penisola, dall’estero e dai paesi dell’Isola, grazie a una rete di collaboratori, ai servizi delle prime agenzie di stampa e all’utilizzo del telegrafo che consente una rapidità mai vista in passato. I giornali si danno una prima e vera organizzazione redazionale con qualche giornalista che vive di quel lavoro e pochi collaboratori esterni.
I due quotidiani ultracentenari
L’Unione Sarda comincia le pubblicazione a Cagliari domenica 6 ottobre 1889 con un numero di saggio, diventando quotidiano il 17 dicembre sotto la direzione di un giovane giornalista (aveva 23 anni) Marcello Vinelli. Viene fondato per appoggiare un gruppo politico di liberali della sinistra giolittiana che a Cagliari ha il suo leader in Francesco Cocco Ortu senior, comproprietario della testata. Sul piano politico è legato al ministro e poi capo del governo Zanardelli. E’ sostenitore di un decentramento, di una maggiore autonomia e della necessità di una legislazione speciale per la Sardegna.
La Nuova Sardegna nasce come settimanale a Sassari il 9 agosto del 1891, alla vigilia di elezioni comunali, e diventa quotidiano il 17 marzo dell’anno successivo. Politicamente appoggia il deputato Filippo Garavetti, repubblicano legato all’estrema sinistra del radicale Felice Cavallotti. Del gruppo dei fondatori fanno parte Enrico Berlinguer, i fratelli Pietro e Rosolino Satta Branca e altri rappresentanti della borghesia intellettuale e di sinistra della città. Alla direzione nel 1893 arriva un abile ed esperto giornalista, Medardo Riccio, che proviene da L’Avvenire di Sardegna, il giornale cagliaritano che aveva chiuso in quell’anno, soppiantato dal nuovo quotidiano cittadino L’Unione Sarda.
Sulla piazza sarda restano e si affermano così L’Unione e La Nuova, che riflettono gli sconvolgimenti politici, economici e sociali del primo scorcio del Novecento. Rispecchiano senza dubbio il dibattito politico, appoggiando e schierandosi apertamente a favore dei gruppi dirigenti a cui fanno capo, ma cominciano a distinguersi per un ruolo informativo sempre più accurato e capillare e soprattutto vivono grazie a una crescente raccolta pubblicitaria.
Si modernizzano anche tipograficamente e raggiungono insieme una tiratura di ventimila copie (non a caso è pari al numero delle persone che in quegli anni vanno a votare in Sardegna dove l’indice di analfabetizzazione raggiunge nelle campagne il 90 cento degli abitanti). L’Unione è su posizioni liberal-conservatrici, La Nuova liberalradicali: sono tendenze che riflettono le differenti posizioni sociali delle classi dirigenti cittadine legate a Cagliari alle attività commerciali e alla borghesia imprenditoriale, a Sassari alle libere professioni, all’artigianato e alle campagne.
Nel 1916 L’Unione si trasferisce nella storica sede di viale Regina Elena con una rotativa in grado di stampare sei pagine.