Non si muore di solo Covid

Vietato ammalarsi in Sardegna

Con l’Italia che ritorna tutta in bianco, i numeri di contagi, ricoveri e morti in costante calo, l’arrivo della green card, la campagna vaccinale in pieno svolgimento nonostante gli stop e gli allarmismi, ci avviamo ad una svolta decisiva nel contrasto alla pandemia. Lo specchio della situazione sono i giornali che cominciano a scalare indietro le pagine dedicate al Covid-19 per lasciare il primo piano all’economia e alla politica. Il focus dell’informazione (in tutti media, dalla stampa ai social) si sposta su altri temi dettati dalla cronaca e dall’attualità. Il Covid-19 non è sconfitto, ovviamente, e resta sempre al centro dell’attenzione, ma altri argomenti chiedono più spazio ed evidenza. Pensiamo, ad esempio, alle cose di casa nostra dove la campagna vaccinale procede bene, il virus sembra sotto controllo, ma gli esperti implorano tutti a non abbassare la guardia seguendo le norme di prevenzione e a non ripetere gli errori clamorosi della scorsa estate.

Ma i veri problemi emergenti, vaccinazioni e profilassi a parte, sono legati all’economia che stenta a ripartire dopo le chiusure di oltre un anno, la perdita di migliaia di posti, il lavoro che non c’è o deve essere reinventato nel commercio, nelle aziende, nel terziario, per non parlare del turismo. Un discorso che vale per tutte le regioni italiane e i Paesi colpiti dalla pandemia dove ognuno sta cercando di trovare la ricetta per una ripresa grazie anche ai miliardi del Recovery Fund. 

In Sardegna questa devastante stagione del Covid-19, ha messo a nudo il disastro della sanità, un settore primario che nella politica regionale degli ultimi cinque anni (già con la giunta Pigliaru) era stato colpito da tagli nei fondi e nel personale, ridimensionamenti, ristrutturazioni, chiusure dei presidi territoriali, blocchi delle assunzioni e continuando con un elenco interminabile di carenze. Una strategia che lo scoppio della pandemia ha bocciato senza appello. Il Piano politico sanitario – così ci ha dimostrato la pandemia – è da rifare con la stessa rapidità degli interventi fatti per fermare il virus.

Oggi allibiti, ma non sorpresi, leggiamo nelle cronache del nostro giornale che a Cagliari sono attivi solo due Pronto soccorso (al “Brotzu” e al Policlinico) dove le attese arrivano alle dieci, dodici ore! Anche un “infartuato” rischia di restare in ambulanza a lungo prima che un medico possa vederlo e indirizzarlo in cardiologia. Non si può leggere di piccoli centri come Ussana che in meno di un anno restano senza tre medici di famiglia e pediatra per pensionamento e gli abitanti sono costretti a ricorrere alla guardia medica o – angosciante solo il pensiero – a bussare al Pronto soccorso degli ospedali anche per una ricetta. Reparti bloccati per mancanza di infermieri e medici, turni massacranti, interventi chirurgici rinviati, visite specialistiche con attese di mesi.

Abbiamo superato il tempo dei complimenti per ciò che è stato fatto per aprire i centri Covid, il compiacimento per aver proposto per primi (e inascoltati) una sorta di green card regionale, l’organizzazione della campagna vaccinale che con vari problemi e rallentamenti comunque sta procedendo spedita. Ora si tratta di rimettersi al tavolo di lavoro e concentrarsi con altrettanta tempestività sulla riformulazione del Piano sanitario, a cominciare dai Pronto soccorso e dai medici di famiglia.

Il governatore Solinas col gen. Figliuolo, commissario nazionale per il piano vaccinale in visita a Cagliari

Non ci sono alibi di sorta, se siete stati dinamici e bravi ad affrontare l’emergenza pandemica, dovete procedere con priorità assoluta per eliminare quelle carenze non degne di una regione che mira a riprendersi in tutti i sensi. Qui il governo di Roma non c’entra, è la capacità politica dei nostri amministratori che deve dare le risposte ai suoi cittadini.

Basta ricordare solo un anno fa con i reparti che scoppiavano di pazienti, i medici e gli infermieri in trincea senza mascherine, camici, dispositivi di protezione. La guerra contro un nemico ancora sconosciuto è stata affrontata in Italia quasi senza armi, nel caos più totale, uccidendo medici e infermieri più di ogni altra nazione europea, coprendo i “buchi” solo grazie al coraggio, professionalità e abnegazione di tutte le figure professionali in campo sanitario, oltre a volontari e dirigenti. Non è più tempo di eroi e di eroismi, nessuno deve rivivere la tragedia dello scorso anno, ma neppure la vergogna dei Pronto soccorso di oggi.

Fonti:

L’Unione Sarda, 22.06.2021

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