I dossier più scottanti

Draghi e i rapporti con l'Egitto

Nell’agenda del nuovo governo, oltre le emergenze sanità ed economia, Draghi si ritrova aperti alcuni dossier scottanti che dovrà considerare con particolare attenzione. Un’eredità pesante per le implicazioni internazionali, di cui poco si parlato nei programmi eppure molto importante per il ruolo che l’Italia vuole assumere in questo 2021 che, tra l’altro, vedrà i “grandi” del pianeta riuniti a Roma nel prossimo ottobre per il G20. Egitto, Turchia, Libia e “diritti umani” sono le questioni che attendono una posizione forte e determinata, con un cambio di passo e autorevolezza rispetto al recente passato. Luigi Di Maio confermato al vertice della Farnesina, deve ora concretizzare il lavoro avviato, ma che a parte i sorrisi televisivi e gli annunci stampa non sembra aver prodotto risultati incisivi. Certo, la diplomazia agisce in punta di piedi e le azioni del ministro vanno concordate sempre col governo: per questo le responsabilità dell’esponente 5S non sono tutte sue, ma da condividere con l’intero esecutivo che poi deve darne conto in Parlamento. 

Oggi, ribadita la posizione europeista e atlantista, il nuovo premier deve indicare quali iniziative intenda prendere l’Italia per farsi valere nei tavoli che contano e quali strategie adottare nello scenario mediterraneo.

Pensiamo alle azioni di Biden che, appena insediato, ha preso in mano i temi cari al predecessore e in un mese ha cancellato quasi tutto, riportando gli Usa al ruolo che avevano sempre rivestito prima della politica “First America” di Trump. Per l’Italia i problemi più pressanti sono davanti a casa nel Mediterraneo dove ribollono forti interessi. Erdogan, che ha riempito le prigioni di oppositori e giornalisti, si è inserito come player protagonista nelle guerre di Siria e Libia ed è arrivato ai ferri corti con la Grecia per la questione delle isole dell’Egeo. 

Ma per noi il vero problema non è Erdogan, quanto l’Egitto dove il quadro è molto complesso per le azioni in corso e le reazioni imprevedibili. Il caso di Giulio Regeni, il ricercatore universitario sequestrato, torturato e ucciso, a cinque anni dai fatti è giunto a un bivio: l’Italia processerà a Roma i presunti mandanti ed esecutori del feroce omicidio (quattro ufficiali dei servizi segreti), ma per il Cairo la vicenda processuale è chiusa senza alcun responsabile sotto accusa. A questo punto il caso è diventato tutto politico con scelte formali e sostanziali che dovranno assumere il nuovo esecutivo e il Parlamento. Alla tragedia del povero Regeni si aggiunge con urgenza la liberazione di Patrick Zaki, perché il giovane egiziano studente dell’università di Bologna è tenuto in condizioni estreme in un carcere cairota. Zaki, in detenzione preventiva sotto infondate accuse di propaganda eversiva, è stato “adottato” dall’Italia, che a tutti i livelli ne chiede il rilascio e il ritorno ai suoi studi bolognesi. Ma come per Regeni, il governo egiziano fa finta di non sentire.

In Egitto (come in Turchia) i diritti umani sono calpestati con arresti illegali, una violenta repressione che vieta manifestazioni contrarie al regime, impone il silenzio ad ogni voce dissenziente e arresta i giornalisti. Il rispetto dei diritti umani, in questi grandi e popolosi Paesi, è una favola ignorando i moniti dell’Ue, degli Usa e delle organizzazioni internazionali. Su questo punto l’Italia non può più transigere e deve decidere se sia più importante difendere i singoli cittadini (in particolare gli italiani arrestati all’estero) o gli interessi economici e geopolitici. 

L’Egitto ha sempre avuto un ruolo cruciale per la stabilità del Medio Oriente, soprattutto dopo le rivoluzioni delle “Primavere arabe”, le guerre tribali in Libia, il conflitto violento in Siria, la precarietà dei regimi di Libano e Iraq. La potenza del Cairo negli equilibri e nelle alleanze degli Occidentali fa da contrappeso alla Turchia espansionista di Erdogan o alle ingerenze neoimperialiste della Russia di Putin. Ma bisogna uscire dalle ipocrisie di una politica estera ondivaga, debole e ambigua, per dettare finalmente le nostre regole di una democrazia rispettosa del diritto internazionale. Altrimenti il nuovo governo dica chiaramente che gli affari col presidente Al Sisi contano più che liberare Zaki o far condannare gli assassini di Regeni. 

 (Nella foto di copertina Patrick Zaki)                                                           

Fonti:

L’Unione Sarda, 23.02.2021

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