La fame, le armi e l’utopia del Papa

L'appello di Francesco ai Grandi del mondo

«Che bel giorno sarà quello in cui le armi saranno smontate per essere trasformate in strumenti di lavoro». La preghiera per la pace di papa Francesco all’Angelus della prima domenica di Avvento è il rinnovato appello ai potenti del mondo per mettere un freno alla corsa agli armamenti, uno stop alle spese per l’industria bellica che ha raggiunto produzioni e guadagni con cifre stratosferiche, una durissima condanna ai mercanti di morte. In quelle parole Francesco riassume l’utopia di questo terzo millennio dove il pianeta, mai come in passato, è sconvolto da guerre regionali, conflitti etnici e religiosi, spietate dittature che reprimono con arresti in massa e massacri i manifestanti delle opposizioni. La parabola dell’Afghanistan è solo l’esempio più evidente di una violenza senza confini che non risparmia neppure la “civile” Europa dove altissime sono le tensioni tra Russia e Ucraina, si alzano muri e cortine di filo spinato un po’ ovunque e si rafforzano i sistemi militari ai confini orientali. Mentre ai tavoli che decidono si discute su quali politiche adottare nell’immediato futuro, ora che gli Stati Uniti stanno ridisegnando i loro piani nella Nato e hanno spostato gli interessi strategici dall’Atlantico al Pacifico in chiave anti cinese. Temi, non a caso, che saranno al centro anche negli incontri del prossimo summit dei capi di Stato e di Governo dei Paesi appartenenti al G20 in programma a fine mese a Roma.

In un quadro sempre più allarmante, l’appello del Papa appare irrealistico e irrealizzabile in questo scorcio di secolo, ma il suo accorato monito ha il merito di richiamare tutti ad una profonda riflessione. Partendo dalla catastrofe della guerra in Afghanistan e dalle stime sulla fame del mondo annunciate di recente al vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari. Il paradosso di questo confronto si evidenzia proprio tra l’enormità degli sforzi bellici che producono distruzione, morte e miseria, e dall’altra l’immagine spaventosa di un terzo della popolazione mondiale ridotta alla fame e alla lotta quotidiana per la sopravvivenza a causa della povertà anche in Paesi (come quelli africani) ricchi di risorse naturali.

I numeri della sconfitta degli occidentali e in primis degli americani, al di là delle vittime civili e militari, mostrano l’assurdità della guerra in generale e di quella in particolare, durata vent’anni e finita come sappiamo. Ebbene solo gli americani hanno smantellato 17 mila veicoli, di cui 12.700 mezzi corazzati a prova di mina costruiti per contrastare gli attentati con gli ordigni nascosti lungo le strade. Per riportarli a casa sarebbero serviti 4500 voli dei giganteschi aerei C-17, un impegno eccessivo anche per il Pentagono che dopo aver cercato di venderli senza successo al mercato dell’usato bellico, ha deciso di distruggerli. I mezzi efficienti che oggi vediamo scorrazzare i vincitori talebani sono quelli dati in dotazione all’esercito afghano che si è arreso in massa passando dall’altra parte nel giro di pochi giorni. Oltre tremila miliardi di dollari bruciati in una guerra che ha riportato l’Afghanistan al punto di partenza.

Di contro un terzo della popolazione del globo (2,3 miliardi di persone) nel 2020 non ha avuto la possibilità di nutrirsi al minimo necessario per tutto l’anno, mentre gli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti entro il 2030 sono un traguardo molto lontano da raggiungere. Lo ha annunciato un dossier delle Nazioni Unite sottolineando che «le conseguenze economiche della pandemia non hanno fatto altro che consolidare una tendenza già affermata verso un livello sempre più alto di fame e di insicurezza alimentare nel mondo».

Al vertice sui “food system” all’Onu, lo scorso 23 settembre, le analisi degli scienziati incaricati dalla Fao sono disperanti: a causa della pandemia e dei numerosi conflitti le persone che hanno sofferto la fame nel 2020 sono state il 15 per cento in più dell’anno precedente. Le forniture alimentari sono minacciate dalle guerre e dai “signori delle armi” che controllano gli aiuti umanitari, mentre le conseguenze dei cambiamenti climatici hanno provocato caldo intenso, siccità e alluvioni causando carestie bibliche per intere popolazioni. Il problema della fame – conclude il rapporto – è destinato a durare. Mentre i governi continuano a parlare di aumenti per i bilanci della Difesa. Se si riuscirà a superare i danni della pandemia grazie ai vaccini, oggi nonostante gli annunci dei vari leader non si vedono impegni concreti per arginare la crisi climatica e le emergenze belliche. Una innegabile verità, oltre i coraggiosi appelli di papa Francesco.  

 

Fonti:

L’Unione Sarda, 08.10.2021

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