Afghanistan quasi dimenticato

Missione difficile per i militari sardi

C’eravamo dimenticati dell’Afghanistan. Scomparso dai media sino a fine gennaio quando, nel giro di una decina di giorni, tre terrificanti attentati hanno fatto riapparire le immagini di quella terra lontana e martoriata sulle pagine dei giornali e sugli schermi delle tv. Eppure l’Afghanistan è sempre lì, logorato da una guerra che non finisce mai dagli anni Settanta. Prima il silenzio sotto il dominio dell’Urss. Poi,  dissolto l’impero sovietico, è arrivato il potere totale degli integralisti talebani. Sino a quando, dopo l’attentato alle Torri Gemelle, Washington ha lanciato l’offensiva contro il terrorismo puntando ad eliminare i covi nascosti negli “Stati canaglia”. Così nel 2001 è iniziata l’Operazione internazionale “Enduring Freedom”, che ha portato alla cacciata da Kabul dei talebani, ma non alla pace.

“Enduring Freedom” si è conclusa e il grosso delle forze internazionali è andato via. Dal 2015 è stata avviata una nuova missione della Nato (la Resolute Support) per aiutare gli afghani alla stabilizzazione con il compito di addestrare i militari e la polizia. Attualmente sono impegnati 900 italiani. Per quanto ci riguarda, noi sardi siamo direttamente interessati perché dallo scorso dicembre il comando Nato multiforze della regione Ovest, con sede a Herat, è affidato alla Brigata Sassari con un contingente di circa 350 uomini. Ancor di più, dunque, ci allarmano le notizie che ogni tanto infrangono il silenzio calato attorno a quella regione.

I tre recenti attentati sembrano aver dato inizio a una nuova fase del terrorismo in chiave anti occidentale, ma soprattutto interna. Prima l’assalto all’hotel Intercontinental di Kabul (22 morti, tra cui 14 stranieri) rivendicato dai talebani; poi il raid contro l’ong “Save the Children” a Jalalabad, condotto dal gruppo jihadista affiliato a Daesh. E infine il più sanguinoso, con 95 vittime e 200 feriti, nei pressi del distretto commerciale di Chicken Street, firmato ancora dai talebani. 

Cosa sta accadendo? Riassumendo un focus del Ce.SI (il Centro studi internazionali presieduto da Andrea Margelletti) si può sintentizzare così il nuovo scenario che si va profilando per il prossimi mesi e che dalle province settentrionali e orientali minaccia di coinvolgere anche l’area di Herat sotto il controllo italiano. La causa alla base di questa nuova spirale di destabilizzazione è da ricercarsi nel consolidamento all’interno del Paese delle attività dei due principali gruppi militanti, in lotta sia contro il governo centrale, sia contro la presenza di Forze Armate straniere sul territorio: i talebani e la branca regionale del cosiddetto Stato Islamico, conosciuta con il nome di Isis nel Khorasan. La sequenzialità degli attacchi – come spiega l’analista Francesca Manenti – sembra aver messo in evidenza l’esistenza di una competizione tra talebani legati storicamente ai clan tribali locali e a gruppi dell’Isis che, seppure con pochi uomini, cercano di trovare credito tra le popolazioni.       

(nel link il commento sul giornale):        afghanistan 9.2

Ad oggi i talebani controllano o contendono all’esercito afghano il 45 per cento dei distretti del Paese. Il loro obiettivo è sedersi da una posizione di forza ad un qualsiasi tavolo negoziale si dovesse aprire per trovare una soluzione a quasi due decenni di instabilità. L’aspirazione di tornare a ricoprire un ruolo politico sinora li aveva spinti a concentrare gli attacchi contro obiettivi istituzionali e forze di polizia, senza coinvolgere la popolazione. I recenti attentati dimostrerebbero un cambiamento di strategia. Un segnale rivolto al governo di Kabul quanto all’alleato statunitense. 

Disinteressata a qualsiasi progetto politico sarebbe invece l’azione di Isis in Afghanistan che punta a mostrare il suo potenziale distruttivo e propagandistico soprattutto nelle città. Con ciò scontrandosi con gli stessi talebani che non vogliono cedere il loro controllo del territorio. In questo contesto è lecito attendersi ancora sangue e terrore. 

Fonti:

L’Unione Sarda, 17.01.2018

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