Su “Babbu Mannu” scalzato da Gramsci

La curiosa storia di una piazza

A Merano il Consiglio comunale ha approvato la proposta di cambiare il nome della via intitolata ad un personaggio storico controverso, il generale Luigi Cadorna. Ancora si deve decidere la nuova dedica tra una decina di candidati. «Di Cadorna si deve parlare nei testi di storia, ma il suo non può essere un nome da onorare. Non si possono processare le ingiustizie storiche, ma possiamo smettere di onorarle», sostiene il consigliere David Augscheller, promotore della mozione presentata in coincidenza con l’anno del centenario della vittoria che si celebrerà il prossimo 4 novembre. Cadorna fu il comandante in capo dell’Esercito sino alla disfatta di Caporetto di cui, secondo una storiografia consolidata, ha gravi responsabilità. Inoltre lo ricordano per aver ordinato di mettere sotto processo migliaia di soldati.

La revisione dei simboli del passato è un tema ricorrente. Di recente negli Stati Uniti a finire nel mirino della furia iconoclasta è stata la statua del generale Edward Lee, capo dell’esercito sudista. A detta degli storici fu uno dei migliori comandanti americani, tanto che dopo la guerra venne eletto al Senato e da tutti stimato, ma la sua fama non l’ha salvato dalla damnatio memoriae decisa dalla municipalità prima di New Orleans, poi di Charlotteville e quindi di Dallas dove sono state rimosse le statue equestri.

Senza andare lontano il tema a più riprese ha coinvolto anche i cagliaritani a proposito della statua di Carlo Felice in piazza Yenne, divisi tra chi voleva spostarla in un museo e chi invece propendeva per lasciarla lì dove si trova da un secolo e mezzo, magari mettendoci a fianco un cartello esplicativo sulla biografia del re savoiardo.

C’è anche una piazza che non manca di suscitare polemiche, quella appena ristrutturata e intitolata ad Antonio Gramsci proprio davanti al Parco delle Rimembranze e alla Legione dei Carabinieri, palazzo in stile fascista con tanto di fregi e bassorilievi. Ebbene, sino al 1945 questa piazza era dedicata al generale Carlo Sanna, comandante della 33ma divisione di fanteria che comprendeva la Brigata Sassari, chiamato dai suoi “diavoli rossi” con rispetto e affetto “babbu mannu”. Aderì al fascismo nel 1919 e nel 1926 fu eletto alla Camera dei deputati. Mussolini – come ricorda lo studioso cagliaritano Angelo Abis –  puntò sul suo nome e carisma per allargare i consensi nell’Isola e lo nominò presidente del Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, carica che esercitò per un brevissimo periodo essendo deceduto nell’estate del 1928. La sua salma fu portata da Roma a Cagliari con una grande manifestazione di popolo.

Di recente un lettore ha scritto al giornale chiedendo perché sia stato cambiato il nome della piazza e invitando la commissione consiliare per la toponomastica a esaminare l’opportunità di trovare uno spazio adeguato anche per Sanna. Il perché è presto detto.

Nell’immediato dopoguerra in un clima di rapida epurazione la giunta municipale di Cagliari – come riferisce un breve trafiletto apparso su L’Unione Sarda del 17 ottobre 1945 – deliberò il 7 luglio di intitolare la piazza ad Antonio Gramsci, <<una delle più illustri vittime del fascismo e di quel Tribunale Speciale di cui Sanna oscurando la sua gloria di combattente della Prima guerra mondiale, assunse la presidenza>>.

Fu una scelta emotiva, a pochi mesi dalla fine del conflitto, con la città ridotta in macerie e ancora disabitata. La maggior parte dei cagliaritani era stata fascista, ma dopo la guerra erano diventati tutti oppositori. La decisione fu presa dal Consiglio e accolta dalla popolazione senza particolari clamori.

La memoria di Carlo Sanna (nella foto in alto al centro attorniato dai suoi ufficiali) non fu però cancellata perché nel cimitero di Bonaria c’è tuttora il sepolcro col monumento di granito rosso scolpito dall’artista Filippo Figari che disegnò pure la sua spada d’onore, oggi custodita nell’Archivio di Stato. L’anniversario della Grande Guerra, mentre si rievocano i sacrifici e le glorie dei soldati sardi al fronte, può essere l’occasione per rendere giustizia alla memoria di su “babbu mannu”.

Fonti:

Da L’Unione Sarda, 01.06.2018

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