Italiani, poca memoria

La commemorazione del Poppy Red

Nella galleria dei personaggi sfilati al summit romano dei G20 e poi al vertice di Glasgow si nota spesso in primo piano il premier britannico Boris Johnson col ciuffo bianco e ribelle e le sue giacchette striminzite. L’occhio dello spettatore cade su quel fiore rosso al bavero. Non si tratta di un vezzo stilistico, ma di un vero simbolo che spicca evidente come una medaglia. È il Red Poppy, ovvero il papavero rosso di carta, scelto come distintivo dalla Royal British Legion, l’associazione di beneficenza per ricordare i soldati inglesi caduti nel corso dei conflitti mondiali e in genere in tutte le guerre. Durante i giorni del cosiddetto “Poppy Appeal”, ideato nel 1921, milioni di red poppies vengono venduti ad ogni angolo delle città inglesi da volontari e da soldati, allo scopo di raccogliere fondi destinati al sostegno economico delle famiglie dei caduti in guerra. Nel tempo questo distintivo ha acquisito un valore più ampio diventando l’omaggio del popolo a tutti militari inglesi morti in armi. Dal 1945 ad oggi oltre 12 mila hanno perso la vita in ogni missione dove sono andati a combattere. 

Gli inglesi, sappiamo, sono un popolo orgoglioso come pochi e trovano nelle tradizioni, in molti casi anacronistiche e per noi italiani incomprensibili, motivo di unità e di coesione, soprattutto nei momenti più difficili. Ricordiamo i famosi proclami di Churchill (alcuni persino inventati dagli storici) quando nell’ “ora più buia” lanciò gli appelli per difendere i sacri confini della patria minacciata dall’invasione nazista.

L’iniziativa del Red Poppy gode ogni anno di uno straordinario successo e si inserisce nel quadro di una serie di manifestazioni che vedono, l’11 novembre, la celebrazione dell’Armistice day, ovvero del giorno dell’armistizio siglato tra gli Alleati e la Germania nel 1918. 

In questa data l’Inghilterra intera si ferma per due minuti alle 11 del mattino. Perché proprio il papavero rosso? Secondo la tradizione fu il primo fiore a sbocciare nei campi di battaglia francesi e delle Fiandre, simboleggiando il sangue versato da milioni di soldati caduti sui quei fronti. Il Red Poppy ha ispirato ballate popolari e artisti britannici, ma ricordiamo anche una delle più belle e famose canzoni del nostro Fabrizio De André che nella “Guerra di Piero”, consola il soldatino che “dorme sepolto in un campo di grano, dove non è la rosa, non è il tulipano che gli fan veglia dall’ombra dei fossi, ma sono mille papaveri rossi”. 

L’intero Regno Unito si copre in questi giorno di red poppies per riflettere sull’assurdità delle guerre e sulle migliaia di “soldatini Piero” che continuano a morire in Iraq, Siria, Yemen, Afghanistan, Sudan… in un mondo senza pace.

Boris Johnson

 

In Italia abbiamo appena commemorato il 4 novembre, ricorrenza della vittoria nella Prima guerra mondiale: nel calendario è la festa delle Forze Armate e per estensione viene celebrata anche la conclusione del processo risorgimentale con l’unificazione nazionale. Mentre il 25 aprile si celebra la “Liberazione” dai nazifascisti e si onora la Resistenza dei partigiani che appartenevano a ogni partito e gruppo politico. Festa che ancor oggi, nonostante gli appelli di Mattarella e dei presidenti che lo hanno preceduto, resta divisiva per le ideologie ben salde nella mente di molti. Tanto è vero che i neofascisti organizzano contro-manifestazioni dimenticando il dettato costituzionale che si fonda proprio sull’antifascismo.

In Italia, se si pensa bene, non esiste un autentico “Red Poppy day”. Guelfi e ghibellini, rossi e neri, milanisti e interisti, sempre spaccati salvo quando gli azzurri del calcio vincono una Coppa. Quanto vorremmo che la magia unificante del pallone si trasferisse nelle ricorrenze che fanno un Paese una nazione e uno stato uno democrazia, dove la storia non si può riscrivere a piacimento. Ma poi dobbiamo vedere l’ignobile sfilata di no vax a Novara con le pettorine a strisce simbolo dei prigionieri dei lager che non può essere derubricata ad una pagliacciata di maschere irriverenti. Non è un caso invece che Israele abbia il suo “Red Poppy” che si chiama “Yom HaShoah” o “Giornata del ricordo dell’Olocausto”. Si tiene ogni anno tra aprile e maggio quando alle 10 in punto l’intero Paese si ferma per due minuti al suono delle sirene nel ricordo dei sei milioni di ebrei uccisi nei lager nazisti. Ovunque si trovi ogni israeliano interrompe l’attività, esce dall’auto, si alza in piedi chinando la testa in rispetto della memoria della Shoah. Giorno di dolore e di lutto. Per tutti. 

 

Fonti:

L’Unione Sarda, 11.11.2021

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