Fra il 1963 ed il 1965 il Corriere della Sera, ancora a direzione Alfio Russo, promosse una larga inchiesta sulla complessa realtà territoriale e sociale dell’Italia. I programmi del centro-sinistra moroteo – quello sorto, in quanto a documento di base, dalla famosa Nota aggiuntiva al bilancio dello Stato 1962, di cui fu autore il ministro Ugo La Malfa – ipotizzavano ampie riforme cosiddette di struttura onde conseguire il risultato, oltreché della piena occupazione, del graduale assorbimento dello storico gap fra il nord soprapadano e il centrosud appenninico con le marginalità pugliesi e calabresi.
La Sicilia e la Sardegna vantavano un’autonomia speciale che (ben diversa nelle due formulazioni) avrebbe dovuto favorire ancor meglio la loro emancipazione. La fine delle migrazioni interne (oltreché quelle continentali, particolarmente intense negli anni ‘50) doveva essere la prova provata, insieme con il miglioramento generale delle condizioni civili degli abitati sia rurali che urbani, dell’efficacia delle politiche messe in atto dalla nuova maggioranza parlamentare aperta alla sinistra politica e sindacale.
In tale contesto si collocò anche l’ampia inchiesta del Corriere, secolare fiore all’occhiello della borghesia produttiva lombarda. Essa si prese comodi due anni circa ed impegnò intensamente cinque fra le maggiori firme del giornale: con Montanelli anche Alberto Cavallari e Piero Ottone (entrambi destinati alla direzione del giornale, fra anni ’70 e primi ’80), Gianfranco Piazzesi e Giovanni Russo. Diciannove gli ambiti regionali messi a fuoco nell’analisi, configurazione della prossima articolazione politico-amministrativa, in piena (e ritardata) attuazione del dettato costituzionale, del regionalismo nazionale.
La Sardegna (in compagnia della Toscana, Emilia Romagna e Lombardia) fu affidata al genio scopritore e interrogante di Indro Montanelli.
Quadro politico/economico: il Piano di Rinascita del 1962
In Sardegna siamo all’esordio della Rinascita, cioé dell’attuazione dei piani della legge 588 dell’11 giugno 1962, il provvedimento che stanziava 400 miliardi in tredici annualità (fino al 1974) con il criterio della “aggiuntività” e non della “sostitutività” dei finanziamenti correnti dello Stato. Si era allora alle prime fasi di quella complessa e non tutta felice (anzi!) stagione dello sviluppo turistico e industriale della Regione, con l’industria di base petrolchimica e relativa illusione della verticalizzazione produttiva, e in assenza quasi totale di infrastrutture avanzate. La classe dirigente isolana, non soltanto quella politica, si presentava allora al giudizio della storia…
Le circostanze associarono temporalmente l’approvazione finale della legge (Piano straordinario per la rinascita economica e sociale della Sardegna) alla elezione alla presidenza della Repubblica del sassarese Antonio Segni (maggio 1962).
Si parlava del Piano di Rinascita, che trovò applicazione con la legge 588, dell’11 giugno 1962, approvata dal governo Fanfani. Erano misure legislative speciali, indirizzate al finanziamento dell’industrializzazione della Sardegna, al fine di porre un argine alle gravi tensioni sociali che si erano presentate già dopo le prime elezioni regionali del 1949. La necessità di un massiccio intervento esterno per promuovere nell’isola un processo di sviluppo sembrò a molti la soluzione più idonea per riuscire a strappare la Sardegna dalla sua condizione di povertà strutturale. Il dibattito coinvolse il mondo politico ed economico fino al punto che, a partire dalla fine degli anni ’50, due organismi, la Commissione di studio prima, il Gruppo di lavoro, operarono in modo da preparare il terreno alla legge nazionale dell’11 giugno 1962 n. 588 che prevedeva un consistente stanziamento di fondi (400 miliardi) per attivare il processo di sviluppo di cui si parlava.
La Regione Sardegna, quindi, dovette fare i conti con un progetto di pianificazione regionale inserito ormai in un contesto generale di attività programmata. Alla presidenza della Regione successe a Paolo Dettori un altro cattolico di sinistra, Giovanni Del Rio, ma oramai il contesto nazionale e internazionale erano completamente mutati: gli anni ’70 misero il mondo occidentale di fronte alla crisi petrolifera che influenzò pesantemente le sorti dell’economia, facendo impennare il prezzo dell’energia. L’isola non poteva essere esclusa da quei circuiti e pagò il conto di una crisi che delegittimò le scelte di quella classe politica che fu accusata non solo di inefficienza e corruzione, ma anche di aver permesso la devastazione del paesaggio di alcune delle località più suggestive del Mediterraneo.
L’inchiesta di Montanelli metterà a nudo l’avvio di questo Piano con la conclusione che il criterio di aggiuntività non verrà messo in pratica, utilizzando per gli interventi i fondi a disposizione già a disposizione.
Comunque la Sardegna – come sottolinea Montanelli – in quegli anni è davvero a una svolta epocale della sua storia, cominciando a vedere i risultati del boom economico che era esploso in gran parte della penisola, con eccezione di buona parte del Mezzogiorno e delle Isole.
Un anno memorabile
In Italia l’anno si apre con la fine del governo a guida democristiana e le dimissioni di Fanfani:
Il 18 febbraio il presidente della Repubblica, Antonio Segni, scioglie le Camere. Sono fissate le elezioni politiche per il 28 aprile. Fanfani viene liquidato. Salvo un periodo agli Esteri nel ’67 con Moro, non lo rivedremo più sino al 1983.
Il 3 giugno morirà Papa Giovanni XXIII, che l’11 aprile precedente aveva promulgato l’encliclica “Pacem in terris”.
L’atto presenta la Chiesa come “Popolo di Dio” e non come un santuario lontano dove c’è un potere che decide da solo il giusto dall’ingiusto. Rivela in questo suo intervento una straordinaria sensibilità ai problemi contemporanei e rivolgendosi a “tutti gli uomini di buona volontà“ indica il “segno dei tempi”, l’ascesa delle classi lavoratrici, mutamenti nella condizione femminile, la nascita di nuovi Stati, e ha il convincimento che i conflitti devono essere risolti non con le armi ma con la collaborazione reciproca, non con l’intolleranza ma la reciproca comprensione sui diritti e doveri.
Papa Giovanni (a sinistra nella foto) muore dopo tre giorni di agonia, il 21 giugno fumata bianca in Vaticano, viene eletto al soglio pontificio Giovanni Battista Montini che prenderà il nome di Paolo VI (qui a destra).
La politica: domina la Dc, verso il primo governo di centrosinistra
La politica domina la scena italiana tra la primavera e l’estate con il dibattito lacerante all’interno della Democrazia Cristiana, l’apertura al Partito socialista al suo interno pure diviso tra chi lavora per entrare o appoggiare il governo di centrosinistra e chi, invece, è schierato su posizione ortodosse legate al PCI filo Cremlino.
Le elezioni del 28 aprile
Le elezioni politiche del 28 aprile confermano i rapporto di forza dei partiti e solo il crollo del Partito repubblicano con Giorgio La Malfa contrarissimo ad aprire al Psi:
DC 38,3% PCI 25,3 % PSI 13,8% PLI 7,0 % PSDI 6,1 % MSI 5,1% PRI 1,4 %.
La DC perse il 4%, il PSI lo 0,4%, il PLI (che si era opposto con tutta la sua forza alla riforma urbanistica il 16 marzo, quindi 10 giorni prima, affossandola) raddoppia a “caldo” i voti dal 3,5 al 7%. I ricchi speculatori lo premiarono subito.
Il PCI dal 22,7% passò al 25,3! Il PRI (pur accogliendo alcuni dissidenti della DC) rischiò di scomparire con il suo antisocialismo “lamalfiano”. Non gli riuscì in sostanza (era quello il suo obiettivo) di indebolire la sinistra del centrosinistra.
Incarico ad Aldo Moro, poi a Leone
Il 25 maggio Aldo Moro ricevuto l’incarico tenta di formare il suo governo, ma il 18 giugno rinuncerà all’incarico, è ancora immatura la situazione, ancora troppi i contrasti sia in casa DC che in casa PSI.
Ci riesce invece (gli danno il permesso) il 19 giugno Giovanni Leone con un governo monocolore, tutto DC, che però è un “Governo ponte”.
5 dicembre, primo governo di centrosinistra
Moro infatti non molla il suo lavoro, né accantona l’arte del convincimento; lavorerà a fondo, e solo il 5 dicembre riuscirà a formare il suo primo governo di centrosinistra e sarà proprio lui, Moro, a guidare un quadripartito, DC-PSI-PSDI-PRI. Che vara non senza problemi e forti contrasti.
Fermenti nel mondo
All’estero il mondo è in fermento: sono tre gli scenari che tengono banco sulle prime pagine dei giornali.
Il viaggio in Europa del presidente John Kennedy che prevede anche la tappa italiana e l’incontro col Papa Giovanni XXIII, che nel frattempo muore.
Il 1° luglio Kennedy arriverà a Roma e a Napoli.
Il telefono rosso
Dopo la crisi dei missili a Cuba nel precedente anno (ottobre 1962), i rapporti tra americani e russi sono molto tesi per la questione del riarmo nucleare e solo il 30 agosto si arriverà a un accordo con l’istituzione del cosiddetto “telefono rosso”, una linea diretta tra la Casa Bianca a Washington e il Cremlino a Mosca.
La Chiesa, grazie proprio a Papa Giovanni, aveva aperto ai non cattolici, accogliendo per la prima volta in Vaticano una delegazione importante sovietica, la figlia di Nikita Krusciov Rada, col marito Aleksej Adjubei, il 7 marzo 1963.
La prima donna nello spazio
La guerra ideologica ed economica tra le due superpotenze nel frattempo si trasferisce nello spazio. Con il lancio della navicella Voskov 5 e il 16 giugno della Voskov 6 con a bordo Valentina Vladimirovna Tereškova (nella foto): è la prima donna cosmonauta ad andare nello spazio. Ci resterà tre giorni. https://www.carlofigari.it/un-incontro-per-la-vita-tramaine/Oggi ancora viva ha fatto una brillante carriera politica con l’elezione alla Duma come deputata.
https://www.carlofigari.it/incontri-non-mercenari/
Negli Usa la rabbia dei neri
Negli Stati Uniti esplode la protesta dei neri (ancora chiamati negri nei giornali anche italiani). Il 28 agosto Martin Luther King bakeca incontro savona(nella foto a destra) tiene il famoso discorso del “I have a dream davanti” al Lincoln Memorial di Washington, dopo gli incidenti in Mississippi del giugno precedente.
L’Italia calcistica di Inter e Milan
Nell’Italia del boom il calcio è sempre la panacea migliore per distrarre dai problemi quotidiani e per entusiasmare le folle. L’Italia calcistica, reduce dalla brutta figura dei mondiali del Cile del 1962 dove fu eliminata dalla Corea del Nord, si riprende in Europa grazie al Milan di Nereo Rocco che il 22 maggio vince la Coppa dei Campioni allo stadio Wembley di Londra battendo per 2 a 1 il Benfica del goleador dei mondiali Eusebio.
Ma è l’Inter dell’allenatore Helenio Herrera e del presidente Angelo Moratti a vincere l’ottavo scudetto.
La catastrofe del Vajont
Dopo un’estate ricca di eventi l’autunno arriva con una tragedia immane che colpisce l’Italia. Nella notte del 9 ottobre una frana si stacca dal monte Toc e cade nella diga del Vajont precipitando a valle una montagna d’acqua che seppellisce in poche ore il paese di Longarone e poi gli altri centri della pianura friulana I morti furono oltre duemila. A destra un’immagine del disastro.
Dallas, l’assassinio di J. F. Kennedy
Il 22 novembre il mondo è sotto choc: a Dallas viene assassinato il presidente John F. Kennedy.
Nel governo Moro i primi socialisti
Il 5 dicembre Aldo Moro forma il suo primo governo di centrosinistra “organico”; sei i ministri socialisti. Vice presidente Pietro Nenni. Al Consiglio della DC del 5 novembre Moro aveva ottenuto una larga maggioranza sulla formazione di un centrosinistra con il PSI ma i suoi colleghi non li ha convinti proprio tutti.
È dal 25 gennaio del ’62 che Moro lavora su questo progetto e finalmente ha partorito la sua creatura. Un quadripartito formato da DC, PSI, PSDI, PRI. Un governo che non nasce in tranquillità, una frangia socialista, 25 deputati (poi anche 13 senatori) al momento della fiducia usciranno dall’aula. Altri otto, fra i quali Sandro Pertini e Mario Berlinguer dichiarano con una lettera che hanno votato solo per disciplina di partito e non con coscienza.
I 25 deputati saranno deferiti ai probiviri e sospesi dal partito per un anno, ma questi non aspetteranno dodici mesi, ma s’incamminano verso una scissione, e nel gennaio del ’64 andranno a creare un proprio partito, il PSIUP, socialisti di unità proletaria con segretario Tullio Vecchietti e altri ventisei deputati e undici senatori dissidenti.