Grande Guerra e Sardegna: 1918-2018

Conferenza di Carlo Figari agli Amici del Libro
- 24 maggio 2018

Oggi 24 maggio 2018 ricorre l’anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale. Quattro anni fa, nel 2015, in questa data sono iniziate in tutta Italia le celebrazioni per ricordare in tanti modi la vittoriosa guerra che, pur con enormi sacrifici e uno spaventoso bagno di sangue su tutti i fronti nella logorante guerra di trincea, portò al compimento del processo unitario avviato quasi un secolo prima con le guerre d’Indipendenza.

Il prossimo 4 novembre, ricorrerà la data della fine della guerra, cent’anni fa. Un secolo è trascorso, tre generazioni. Quella fu la guerra dei nostri bisnonni e nonni, per chi ha la mia età. I ragazzi del ’99, gli ultimi ad essere chiamati alle armi e spediti al fronte appena diciottenni, oggi avrebbero 120 anni! 

Gli ultimi reduci sono scomparsi all’inizio di questo secolo, oggi resta solo la memoria, il ricordo di quei combattenti, la storia di un’epopea che ha segnato profondamente il nostro Paese e in particolare la nostra Isola.

 

Centomila sardi chiamati alle armi

Con la guerra, i centomila chiamati alle armi, l’isola svuotata di uomini per oltre 4 anni, il sacrificio di 13 mila morti e decine di migliaia di feriti e mutilati, il ritorno dei reduci a casa, il ruolo delle donne rimaste sole a lavorare nei campi e nelle poche fabbriche, la Sardegna ha svolto il suo importante ruolo. I sardi, uscendo per la prima volta dai ristretti confini dell’Isola e affacciandosi nel Continente, come chiamavano la penisola, per la prima volta hanno compreso di far parte di una nazione, l’Italia, e di essere partecipi di un destino comune. Per la prima volta hanno cominciato a parlare l’italiano e a convivere le medesime esperienze nelle trincee. E per la prima volta, con i bollettini dell’Alto Comando che vantavano il glorioso comportamento della Brigata Sassari, hanno avuto il meritato riconoscimento nazionale.

Le iniziative nell’Isola per il Centenario

Le celebrazioni del Centenario, organizzate dalla Presidenza del Consiglio attraverso comitati regionali (quello sardo diretto dallo storico dell’università di Cagliari prof. Aldo Accardo), hanno avuto il merito di rievocare una pagina importante della nostra storia unitaria facendola conoscere soprattutto ai giovani. Migliaia le conferenze in tutte le scuole e nelle università, molti i convegni di storici, pubblicati numerosi libri in gran parte inediti e ristampati titoli ormai introvabili.

In particolare è stato preso in esame il capitolo della disfatta di Caporetto per cui sono stati pubblicati lo scorso anno almeno 15 volumi tra novità e ristampe.

I giornali hanno svolto un ruolo fondamentale pubblicando pagine intere, reportage sui luoghi della guerra, inserti speciali.

I supplementi dell’Unione Sarda

L’Unione Sarda, devo dire con orgoglio di giornalista del quotidiano, si è distinta subito con un’iniziativa eccezionale e probabilmente irripetibile: dall’aprile all’ottobre del 2015 abbiamo abbinato al giornale un supplemento, che tecnicamente si chiama cappottino, che per sedici martedì ha avvolto il quotidiano. Sono supplementi che messi insieme costituiscono una pubblicazione unica con l’obiettivo di toccare tutti i temi riguardanti la Sardegna, i sardi e la grande guerra. Ogni copertina ha proposto una grande foto sull’argomento della puntata, le due pagine interne sono state dedicate ad un tema monografico e la quarta di copertina invece ha riprodotto l’originale di una prima pagina dell’Unione sarda dell’epoca. Ogni settimana, per 16 puntate, sono state distribuite altrettante gigantografie con le foto dell’epoca, un documento importante ma anche immagini da conservare in un’apposito raccoglitore tra i libri della nostra biblioteca. E’ stato un’operazione divulgativa davvero originale e unica.

Un lavoro di esperti

Questi supplementi sono stati curati da me con l’apporto dello studioso di storia esperto di grande guerra, Alberto Monteverde al quale si deve la scoperta dell’archivio personale del gen. Carlo Sanna, su Babbu Mannu della Brigata Sassari, e l’allestimento di alcune importanti mostre, è stato possibile realizzare grazie alle competenze del nostro fotografo e fotoeditor Max Solinas e ai contributi di diversi storici, tra cui mi piace ricordare e ringraziare gli specialisti Paolo Gaspari, editore di Udine, e il col. Lorenzo Cadeddu, sardo trapiantato a Vittorio Veneto, autore di numerosi saggi sulla Grande Guerra e i militari isolani.

L’Albo d’oro dei Caduti e la novità del database di Rombi

L’argomento della Grande Guerra è vastissimo, cercherò di sintetizzare circoscrivendo ad alcuni temi di cui mi sono occupato in particolare, a parte il lavoro per realizzare i 16 inserti di cui sopra.

Iniziamo a parlare tracciando in quadro complessivo dell’apporto della Sardegna alla guerra con una sequenza di numeri e tabelle che da soli dicono molto sul sacrificio dei sardi. Per questo dobbiamo fare riferimento all’Albo d’oro dei Caduti, di cui esistono rare copie cartacee in alcune biblioteche e presso le istituzioni militari. 

C’è però una novità a riguardo: dallo scorso anno esiste sul web un sito innovativo realizzato da uno studioso di Tempio, Guido Rombi, che ha digitalizzato l’intero Albo d’oro completandolo con l’aggiunta di circa 1600 nomi che non risultavano nell’albo ufficiale. Di ciascun caduto è possibile trovare la data di nascita e morte, la provenienza, la sepoltura, e altri riferimenti.

Il database compare su internet nel sito pubblicato dal Gruppo L’Unione Sarda

Eroi e Caduti Sardi 1915-1918

 

 

Il valore degli isolani fu riconosciuto con le citazioni nei Bollettini giornalieri dell’Alto Comando e soprattutto con le onorificenze: 524 furono le medaglie al valor militare, di cui dieci d’oro, assegnate ai sardi. Non c’è comune dell’Isola che non abbia partecipato con i suoi cittadini alla guerra, 89 paesi contano almeno un decorato, 4 paesi oltre i dieci. Siris, Irgoli, Sarule, Siligo e Gavoi sono i centri con la più alta percentuale di decorati rispetto alla popolazione.

Il mito di Caporetto

Le celebrazioni per il centenario hanno consentito di aggiornare gli studi riesaminando vicende e fatti importanti, come la disfatta di Caporetto.

Caporetto:, articolo su L’Unione Sarda 31.10.2017

A cent’anni dalla battaglia gli storici si confrontano ancora sulle ragioni che portarono alla più grande sconfitta dell’esercito italiano. Alla luce di nuove ricerche negli archivi italiani, ma soprattutto austriaci e tedeschi, c’è chi contesta la versione tramandataci sino ad oggi sostenendo, invece, che a Caporetto si gettarono le basi della vittoria finale. Com’è possibile – si chiedono – che nemmeno due settimane dopo la terrificante sconfitta, quello stesso esercito fu in grado di lanciare una controffensiva che portò alla riscossa e alla conquista del Triveneto? Non si tratta di revisionismo, ma di esaminare gli eventi tra i 24 e il 30 ottobre del 1917 con la lente di documenti inediti trovati negli archivi militari di Roma e Vienna. Ci raccontano un’altra storia, di eroismi di ufficiali e soldati e di sei battaglie vittoriose combattute in quei giorni, ma mai citate nella narrazione ufficiale della catastrofe militare consolidata dal famoso bollettino diramato dal generale Cadorna il 28 ottobre, nel quale accusava i soldati di <<essersi vilmente ritirati o ignominiosamente arresisi al nemico>>. 

Il capo dell’esercito cercò così di scaricare le sue responsabilità sugli uomini che invece si erano sacrificati nel fango delle trincee. Le ricerche confermano il grave comportamento di Cadorna (dopo Caporetto sostituito da Armando Diaz) e del suo Stato maggiore, tra cui emergono le ambiguità di importanti generali e in particolare di quel Pietro Badoglio che inspiegabilmente non ordinò ai suoi cannoni di sparare. E che poi fece una folgorante carriera. 

L’anniversario del centenario è stato dunque l’occasione per riflettere su un’assurda mattanza, dopo dodici battaglie dell’Isonzo in cui tra il giugno del 1915 e il 7 novembre 1917 (in due anni) morirono nelle trincee 500 mila italiani e altrettanti nemici. 

La dodicesima, quella di Caporetto, scattò alle ore 2 del 24 ottobre con un’incredibile avanzata per 22 chilometri che portò quasi al disfacimento delle forze armate italiane. La cronaca degli eventi è ben nota, ma grazie agli studi più recenti è possibile trovare nuove “verità” restituendo l’onore e la dignità a chi è morto lottando eroicamente ed è stato accusato di viltà, mentre si chiariscono le gravissime responsabilità dei capi del comando.

Nuovi libri 

In libreria si trovano oggi oltre una quindicina i libri su Caporetto, tra novità e ristampe, a partire dai “classici” testi di Piero Pieri, Giorgio Rochat, Mario Silvestri e Mario Isnenghi. Poi i libri di giornalisti come Aldo Cazzullo del Corriere della Sera e Arrigo Petacco e i successi editoriali di Alfio Caruso e del professor Alessandro Barbero (tutti intitolati Caporetto).

Raccontano di come è oggi il paese che si chiama Kobarid in Slovenia e com’era cent’anni fa alla vigilia, durante e dopo la battaglia. Chi fosse interessato non ha che l’imbarazzo della scelta in libreria. 

Oltre alla numerosa pubblicistica di volumi pubblicati da autori sardi o sui sardi in guerra tra i quali spiccano i libri dedicati alla Brigata Sassari (a fianco la copertina del libro di Giuseppina Fois).

 

 

 

Il cap. Giuseppe Musinu di Thiesi

Conclusione su Caporetto

In conclusione riguardo a Caporetto tutti i nuovi studi concordano sul fatto che <<il disastro fu l’effetto della mancanza di un piano strategico dei vertici militari, le cui conseguenze furono devastanti>>. Dunque le colpe vanno ricercate ai vertici e non sui soldati che si ritirarono come poterono, nella grande confusione e anche in buon ordine come i sassarini che seguirono marciando il capitano Giuseppe Musinu di Thiesi e furono gli ultimi ad attraversare il ponte della Priula sul Piave tra l’ammirazione di tutti.

Grazie a questa ritirata, che i difensori di Cadorna descrivono come <<strategica>>, l’esercito italiano poté riposizionarsi e prepararsi all’offensiva che porterà alla Vittoria del 4 novembre.

Tutti gli studi e i libri pubblicati mettono in evidenza che se tedeschi e austriaci avessero continuato nello sfondamento di sicuro avrebbero dilagato nella pianura veneta e in pochi giorni avrebbero costretto l’Italia alla resa. Ma erano stremati, soprattutto gli austriaci, che non avevano più riserve di uomini e cibo. Così si fermarono e consentirono agli italiani di riposizionarsi. 

Di certo, tuttavia, il bilancio della battaglia fu terribile: 12.000 morti, 30.000 feriti e 265.000 prigionieri, lasciando sul campo centinaia di cannoni e mezzi, villaggi distrutti e determinò la fuga in massa dei civili. 

La storia poco nota di Borgo Sardegna

Vorrei chiudere questa mia conversazione con il ricordo di Borgo Sardegna, il villaggio costruito dai sassarini a tre chilometri dal fronte sul Carso nei pressi di Palmanova. Di questa storia nessuno sapeva più niente e se n’era perduta la memoria.

Grazie a un suggerimento dell’amico Vittorio Scano ho potuto trovare, nella biblioteca Braidense di Milano, l’articolo originale scritto dal tenente Attilio Frescura e pubblicato dal settimanale Gli Avvenimenti  nel marzo 1916 e poi, per concessione dello stesso periodico, pubblicato integralmente dai due quotidiani sardi, La Nuova Sardegna il 27 e L’Unione il 29 marzo. 

La copertina de Gli Avvenimenti

Una storia incredibile che ho potuto riscrivere per l’Almanacco di Cagliari uscito lo scorso febbraio nella sua 53ma edizione e poi ripreso sull’Unione Sarda.

Quindi è possibile che abbiate avuto modo di leggere questi articoli e di conoscere questa storia che qui riassumo brevemente: 

Le vicende di quell’avamposto sono raccontate nel numero 10 del 19-26 marzo della rivista “Gli Avvenimenti” stampata a Milano dall’Istituto Editoriale Italiano. Si tratta di un settimanale illustrato di otto pagine che usciva ogni domenica, ricco di fotografie e disegni, dedicato in gran parte alla guerra. Iniziò le pubblicazioni nel gennaio del 1915 e chiuse nel novembre del 1917.

Come scrisse il ten. Frescura nell’ottobre del 1915, terminata la quarta battaglia dell’Isonzo con il successo delle truppe italiane che conquistano le trincee delle Frasche e dei Razzi, il comando ordinò di posizionarsi sulla linea del Carso per passare il rigido inverno. 

L’idea di costruire un paese per i soldati della Brigata tutta sarda venne al capitano Attilio Josto Satta, comandante di una compagnia di artiglieria, ufficiale sardo che prima della chiamata alle armi faceva il burocrate al Ministero delle Finanze. Simbolo del villaggio furono le pinnette che <<il capitano Satta, ricordandosi delle tipiche capanne che si trovano nelle campagne dell’Isola, volle subito costruire, secondo una millenaria tradizione…>>.

Un teatro in prima linea

Così nacque Borgo Sardegna. Ma i soldati di Satta vollero compiere un’opera ancor più ardimentosa. E ai piedi di un <glorioso Forte>, a pochi chilometri dal nemico, là dove infuriano i colpi da 305 dei cannoni, spuntò un autentico teatro. Frescura illustra in dettaglio come il progetto si trasformò in realtà. E in breve costruirono un vero teatro con 1500 posti che accolse spettacoli di ogni genere per tenere alto il morale delle truppe.

Foto nell’articolo di Avvenimenti

Borgo Sardegna si ingrandì con una cappella e tante pinnete, sino alla fine della guerra. Poi si sono perse le tracce perché negli articoli e nei diari non si trovano riferimenti geografici precisi a causa della censura. Secondo gli studiosi da me interpellati, probabilmente si trovava nei pressi della veneta Palmanova. 

I quattro anni di commemorazioni e studi sono serviti a rileggere la storia della Grande Guerra, a farla conoscere ai giovani e non solo a loro, e a ritrovare anche storie dimenticate come quella di Borgo Sardegna che in quel periodo fu un vero villaggio sardo trapiantato in Veneto, a due passi dal fronte dove tuonava il cannone e soldati continuavano a morire per la Patria.

 

NOTA:

Questo testo è una parte della conferenza tenuta nella sede de Gli Amici del libro il 24 maggio 2018, con introduzione della presidente prof.ssa Maria Grazia Vescuso.

Sulla vicenda di Borgo Sardegna, dopo l’articolo pubblicato da L’Almanacco di Cagliari e ripreso da L’Unione Sarda, si è sviluppato un approfondito dibattito tra esperti che ha avuto un ampio spazio nel sito Con la Brigata Sassari diretto dal giornalista ed esperto di questioni militari Paolo Vacca al quale rimandiamo per ogni dettaglio al seguente link:

https://www.conlabrigatasassari.sardinia.it/BorgoSardegna.htm

 

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