Il Dizionario delle biografie

Il primo volume del progetto che ricorda tutte le 335 vittime
- 14.03.2020

A 76 anni dalla strage gli studi sulle Fosse Ardeatine hanno preso nuovo vigore, con un progetto molto importante e di non semplice realizzazione: si tratta del “Dizionario” con le schede biografiche di tutte le 335 vittime. Un lavoro iniziato da un gruppo di ricercatori dopo la riscoperta dell’archivio privato del prof. Attilio Ascarelli, ritrovato a Macerata dieci anni fa, e che ha dato il materiale per i due volumi pubblicati nel 2012 da AM&D editore “I Martiri Ardeatini. Carte inedite” e “I verbali inediti di identificazione dei Martiri Ardeatini 1944-1947, a cura di Martino Contu, Cecilia Tasca, Mariano Cingolani.

Il primo volume di un grande progetto

Nel corso della presentazione di quel corposo lavoro a Roma, nel marzo del 2014 in occasione dell’anniversario, venne annunciato l’avvio del progetto che si proponeva la ricostruzione di ciascuna storia individuale dei 335 martiri, partendo dalle carte del prof. Ascarelli e avvalendosi di documenti d’archivio e delle testimonianze dei familiari. 

A distanza di oltre un quinquennio, il primo volume è stampato (marzo 2020), con le prime dodici biografie dei 76 ebrei romani finiti tra gli ostaggi destinati al sacrificio nelle Cave Ardeatine. Comprende le storie di ben sei appartenenti alla famiglia Di Consiglio che diede un tributo atroce alla persecuzione nazifascista, oltre alle storie di Odoardo Della Torre, Angelo Di Castro, Giorgio Fano, Sabato Amadio Fatucci, Emanuele Moscati e Gabriele Sonnino. 

Le schede biografiche sono state realizzate da Martino Contu, Silvia Haia Antonucci, Georges de Canino, Sira Fatucci, Rina Menasci Amedeo Osti Guerrazzi, Claudio Procaccia e Marta Ravenna Lattes. La prefazione è della senatrice a vita Liliana Segre. Introduzione di Ruth Dureghello (presidente della comunità ebraica di Roma); presentazione di Aladino Lombardi (presidente nazionale dell’ANFIM) e di Giordana Moscati, assessore alla Cultura e all’ASER della comunità ebraica di Roma. Il volume, oltre le singole storie, presenta diversi saggi, di carattere generale e in particolare sul tragico destino della comunità israelita. 

La senatrice a vita Liliana Segue

Alcune delle vittime si scoprirà essere scampate alla deportazione dopo la retata del 18 settembre 1943 e poi finite nuovamente nelle mani dei carnefici nazisti, in molti casi aiutati da delatori e  poliziotti fascisti. 

Anche in questo lavoro, Martino Contu, al quale si deve la costruzione della memoria delle nove vittime sarde, svolge un ruolo fondamentale nella ricerca. È suo il capitolo intitolato: “Attilio Ascarelli e la strage del 24 marzo 1944. Il sacrificio di vittime, le atrocità contro gli ebrei e le nuove frontiere della ricerca”. In questo volume lo storico di Villacidro affronta tre temi (oltre la ricerca sulle singole biografie): 1. La strage: “fu un sacrificio di vittime, non un’esecuzione di ostaggi”; 2. Il nuovo versante della ricerca storiografica: i profili biografici; 3. La strage delle Ardeatine, le atrocità contro gli ebrei e il risveglio delle radici ebraiche del prof Attilio Ascarelli. 

Tra i vari saggi di questo primo volume, molto interessante per il quadro che ci presenta, è lo studio di Amedeo Osti Guerrazzi che affronta il tema scottante delle complicità dei fascisti italiani, con l’esame del processo al questore Caruso, gli altri processi italiani e i processo ai tedeschi. Particolarmente prezioso il lavoro di ricerca e raccolta delle fonti orali, curato da Silvia Haia Antonucci, con le interviste ai familiari delle vittime israelite. 

Questo progetto, in corso di pubblicazione presso l’editore Gangemi di Roma, rientra nella Collana “Roma ebraica”, diretta da Claudio Procaccia, direttore del Dipartimento Beni e attività Culturali della Comunità ebraica di Roma. Con la collaborazione dell’Archivio Storico della medesima comunità e dell’ANFIM (Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri). Fondamentale il contributo dell’Istituto di Studi Politici San Pio V, presieduto da Paolo De Nardis autore, nel primo volume, di un’analisi epistemologica sulla strage.   

Intervista a Martino Contu

In attesa dell’uscita del volume ecco un’anticipazione di alcuni temi affrontati nella ricerca, con una breve intervista a Martino Contu. 

Cosa pensa dell’attentato di via Rasella? Si sarebbe potuto evitare, evitando quindi la rappresaglia alle Fosse Ardeatine?

«Fermo restando che la storia non si costruisce con i se, i fatti di via Rasella si inseriscono in un contesto di occupazione qual è quello che si viene a creare nell’Italia del Centro – Nord e, quindi, anche nel Lazio e a Roma, all’indomani dell’8 settembre del 1943. Contro il controllo politico e militare del Reich, che si basa sull’uso della forza, tipico dello stato di guerra, alcune forze politiche italiane operanti nella clandestinità, non solo comunisti, ma anche azionisti, per esempio, decidono di rispondere con la forza, ovvero con l’uso delle armi, come si verificò d’altronde anche prima e dopo il 24 marzo 1944. Rispondere alla domanda: “Si sarebbe potuto evitare l’attentato di via Rasella evitando quindi le Fosse Ardeatine? ” È impossibile affermarlo. Lo storico non è un preveggente. Una cosa è però certa. Nell’Italia occupata dai nazisti, i tedeschi compirono numerose stragi, anche senza essere stati oggetto di preliminari attacchi partigiani. La mattina del 16 ottobre del 1943, le SS rastrellarono dal ghetto di Roma oltre mille ebrei. Due giorni dopo, stipati in 18 vagoni piombati, partirono dalla stazione di Tiburtina diretti ad Auschwitz dove perirono quasi tutti. Cosa avevano fatto contro il Reich? Altri 76 ebrei perirono alle Fosse Ardeatine. Che cosa centrano con Via Rasella? Avevano svolto lotta armata contro i nazisti? Sì, qualcuno era partigiano. E tutti gli altri? Niente. Il tema vero è che la strage delle Cave Ardeatine, unitamente agli eccidi sistematici compiuti nei campi di sterminio nazisti, si inserisce nel quadro delle atrocità, divenute modus operandi, di un regime contro i più deboli, gli oppositori politici e contro gli ebrei».      

Si è mai espresso pubblicamente o nei suoi libri su questo punto?

«Ho sempre affermato che nell’Italia occupata dai nazisti potevi scegliere tra: collaborare con il regime; opporre un resistenza passiva, come fecero molti cittadini romani, oppure combattere contro il nemico, con azioni di sabotaggio in gran parte condotte dai militari italiani operanti nella clandestinità o con attacchi diretti ai militari tedeschi come fecero i partigiani comunisti, ma non solo loro».

Sui partigiani attentatori, appartenenti a una cellula dei Gap comunisti, è calato da sempre il sipario, accettando la loro versione che eravamo in guerra. Questa versione è stata accolta nel clima del dopoguerra e poi non se n’è più parlato. Inoltre i diversi processi intentati dai familiari delle vittime contro quei partigiani, si sono sempre conclusi con sentenze di assoluzione motivate dalla constatazione che si trattava di “atti di guerra”. Oggi chi cerca di portare il discorso su questo aspetto viene tacciato di revisionismo. Così mi sembra che il ricordo del 24 marzo riguardi solo l’eccidio, come se non ci fosse un antefatto. Eppure i tedeschi avevano avvisato i partigiani delle rappresaglie…

«Credo che la risposta più efficace sia stata fornita dal prof. Attilio Ascarelli nel primo anniversario della strage delle Fosse Ardeatine, il 24 marzo 1945, alla Radio “Voce dell’America: La strage non fu “rappresaglia di guerra […]. I fatti del 23 marzo ne furono il pretesto non la causa! […]. L’eccidio fu freddamente disposto e premeditato da comandi responsabili, si abbatté su individui estranei ai fatti antecedenti, tutti innocenti. Fu un sacrificio di vittime non l’esecuzione di ostaggi”».

Qual è la posizione maggioritaria degli storici e la sua?

«La maggior parte degli storici, me compreso, condivide l’opinione del prof. Ascarelli. Ad ogni modo questa tesi trova conferma anche dalla lettura degli atti prodotti dai Tribunali durante i processi contro gli ufficiali tedeschi da un lato, e contro il questore Pietro Caruso e gli altri gerarchi fascisti, collaboratori del Reich, dall’altro».

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